aabu – “Stammi Vicino”

Ascoltare “Stammi Vicino” (Overdub Recordings) non è come mettere su un disco qualunque: è come sedersi in una stanza e affrontare una lunga seduta di psicanalisi. Gli aabu, con questo terzo lavoro, hanno trasformato la loro musica in uno spazio terapeutico, dove l’ascoltatore viene invitato a guardare in faccia le proprie paure, a riconoscere il dolore e a fare i conti con la fragilità. Non c’è compiacimento in questo percorso, ma un bisogno autentico: trovare nella vicinanza umana la via d’uscita dal buio.

Stammi vicino cover 3000x3000

La title track, “Stammi Vicino”, è l’apertura di questo viaggio. È la diagnosi iniziale: la solitudine come malattia sociale, la depressione come fardello quotidiano che si affronta da soli. Qui la musica pulsa come un cuore ferito, mentre le parole suonano come una supplica a non lasciarsi affondare. È un inizio diretto, senza giri di parole.

Con “In una tempesta” si entra nella fase del conflitto: una relazione tossica diventa la metafora di un mare in burrasca, in cui il desiderio di salvezza si scontra con la consapevolezza di stare affondando. I suoni elettronici e le ritmiche frastagliate accompagnano perfettamente la sensazione di instabilità.

“Fratello dove sei” arriva come un respiro. È il momento in cui, dentro la terapia, si riconosce che non si è soli: che c’è stato qualcuno accanto, magari silenziosamente, ma con una presenza fondamentale. È un grazie che diventa poesia, un canto di riconoscenza che commuove proprio per la sua semplicità.

“La mia casa” è invece una canzone-ritratto: la musica vista come rifugio, ma anche come specchio che amplifica le fragilità. Qui gli aabu mettono a nudo la loro essenza di musicisti, raccontando un rapporto viscerale con l’arte che è al tempo stesso salvifico e totalizzante.

Il percorso prosegue con “Disgelo”, che porta a galla le dinamiche di una fine annunciata. È la fase della presa di coscienza, quando si capisce che non c’è più nulla da salvare. Le atmosfere sono fredde, distaccate, e rendono perfettamente il titolo del brano: un ghiaccio che si scioglie, rivelando ciò che non poteva più funzionare.

“Silenzio” è la canzone della distanza, costruita attorno al peso delle parole mancate. Qui la tensione cresce, ma non esplode: resta sospesa, come una ferita che non si riesce a cicatrizzare. È una delle tracce più evocative e cinematografiche del disco.

Con “Essere niente” ci si confronta con il buio della depressione. Non ci sono metafore rassicuranti: è un brano che racconta l’assenza di sensazioni, il vuoto che diventa presenza costante. Eppure, anche qui, c’è un barlume di speranza: la consapevolezza che la cura passa dalla vicinanza con gli altri.

“Cristallo” è delicato e fragile, come suggerisce il titolo. È la rappresentazione perfetta della vulnerabilità: chiudersi in se stessi per non farsi male o aprirsi agli altri rischiando di frantumarsi? La musica segue questa ambivalenza, leggera e tagliente allo stesso tempo.

Il cerchio si chiude con “Ho paura di me”, che è l’apice catartico del disco. Qui gli aabu mettono in scena la crisi identitaria, il confronto con l’abisso interiore. Il brano non offre soluzioni, ma restituisce la possibilità di nominare le proprie paure: ed è proprio in questo atto che si trova la catarsi.

“Stammi Vicino” è un invito a guardare dentro se stessi senza paura, con la consapevolezza che la fragilità non è un difetto, ma il punto da cui ricominciare.