“Chiamami”: il nuovo singolo di Berto è una chiamata al cambiamento

Con Chiamami, Berto firma un brano che è molto più di una canzone: è una confessione sonora, un viaggio intimo tra partenze, nostalgia e crescita personale. Sonorità elettroniche si fondono a influenze urban per dare voce alla storia di un giovane che sceglie di lasciare l’Italia e affrontare l’ignoto. Ma non c’è solo malinconia: il cambiamento diventa forza, e il distacco si trasforma in rinascita. Ne abbiamo intervistato Berto per capire cosa si nasconde dietro questo intenso racconto musicale.

In “Chiamami” racconti un viaggio che non è solo fisico ma profondamente interiore. Cosa ti ha spinto davvero a lasciare l’Italia?

In Italia sentivo che qualcosa non stava funzionando davvero. Stavo rincorrendo obiettivi che in fondo non mi appartenevano, vivendo una routine piuttosto piatta. Avevo bisogno di nuovi stimoli, di un cambiamento vero come racconto anche nel secondo verso di Chiamami. Cercavo un modo per ritrovare la mia serenità interiore, per riscoprirmi e provare emozioni che da tempo non sentivo più. È stato un passo necessario per rimettermi in contatto con me stesso e con la realta´circostante.

Australia prima, Danimarca poi: come hanno influenzato la tua scrittura queste due realtà così diverse?

L’Australia per me è stata un sogno, un’esperienza quasi idilliaca. Ho passato un anno tra le spiagge di Sydney, a surfare e a riscoprire il contatto con la natura più autentica, come durante quei giorni in barca a vela a Hamilton Island, immerso nella bellezza della Grande Barriera Corallina. Le vibrazioni estive, il clima, le esperienze esotiche… tutto questo ha lasciato un segno profondo in me. Ma è stata anche l’esperienza in cui ho sentito più forte la lontananza da casa: non vedevo la mia famiglia da oltre un anno, e quella nostalgia ha influenzato molto la mia scrittura, come si percepisce nei versi iniziali di Chiamami. La Danimarca, invece, è stata il paese del cambiamento. È lì che ho trovato il coraggio di raccontarmi davvero, di mettermi in gioco senza filtri. Ho incontrato le persone giuste, quelle che hanno creduto in me e mi hanno dato la possibilità concreta di fare musica, registrare in uno studio professionale e iniziare a dare forma a quello che avevo dentro.

C’è un momento preciso, durante i tuoi spostamenti, in cui hai capito che dovevi raccontare tutto questo in una canzone?

Più che un solo momento, è stata una sensazione ricorrente. Ho sempre amato raccontarmi davanti al rumore delle onde è come se il mare mi ascoltasse, anche quando nessun altro poteva farlo. La lontananza da casa non mi permetteva di parlare spesso con le persone a me più vicine, e in quel silenzio la musica e la scrittura sono diventate la mia salvezza, il mio sfogo più autentico. È lì, davanti al mare, che Chiamami ha iniziato a prendere forma: come un dialogo intimo con me stesso, un modo per dare voce a tutto quello che avevo dentro e non riuscivo a spiegare a parole.

Qual è il legame tra il viaggio e il concetto di rinascita che emerge nel brano?

Nel progetto Berto, il viaggio è, prima di tutto, una riscoperta di sé. Ogni volta che parti, ti metti in gioco. Incontri nuove persone, ti confronti con culture diverse e ti arricchisci interiormente. Non è facile lasciare tutto alle spalle, ma è proprio lì che nasce la possibilità di rinascere davvero. Con Chiamami ho voluto trasmettere questo: il coraggio di cambiare, la speranza di poter trovare qualcosa di più autentico. Perché alla fine, i rimpianti pesano più della fatica, e l’infelicità che nasce da una routine mediocre è qualcosa da cui dobbiamo provare a liberarci.

Se potessi mandare un messaggio a quel te stesso che ha deciso di partire, cosa gli diresti oggi?

Al Berto di qualche anno fa direi che ha fatto bene. Che ha avuto coraggio, e che quella scelta ha cambiato tutto. Oggi posso finalmente dire di aver trovato una pace interiore e una serenità per cui ho sempre lottato. Partire mi ha insegnato quanto sia fondamentale combattere per i propri obiettivi, e non per quelli degli altri. È stato un atto d’amore verso me stesso, la mia salvezza, non potrei essere più grato a quel me di allora.