In “Bellissimi e infelici” Mariano Casulli mette in scena una tensione narrativa che è al tempo stesso personale e collettiva: un’indagine sulle fragilità, sulle aspettative infrante, sui desideri confusi che attraversano un’età di passaggio. L’intento — evidente — è quello di dare voce a una generazione che si sente “bellissima” all’esterno ma spesso “infelice” dentro: un contrasto che domina titolo e tracce, e che accompagna ogni ascolto.

Casulli non sceglie l’immediatezza facile: abbandona la hit radiofonica in favore di canzoni che vogliono essere racconti. I testi, in alcuni momenti, assumono voci non esclusivamente personali, ma si spostano su racconti corali, spesso femminili, in un tentativo di travalicare l’io e costruire uno specchio generazionale.
Dal punto di vista sonoro, il disco oscilla tra pop tradizionale e atmosfere più indie, con arrangiamenti che mescolano pianoforte, chitarre, elettronica e tonalità morbide, a sottolineare l’incertezza dei temi affrontati. In brani come Come stai — singolo che ha anticipato l’album — emerge bene questa dicotomia: una ballad intima che cresce lentamente, con pianoforte e chitarre, fino a culminare in un assolo finale capace di tradurre il conflitto emotivo in suono.
Tuttavia, proprio questa scelta artistica fa emergere i limiti del progetto: “Bellissimi e infelici” non sempre riesce a trasformare in forma sonora tutta la complessità emotiva che ambisce a raccontare. Alcune tracce risultano evocative, altre invece rischiano di perdersi in un’atmosfera di indecisione, come se il bisogno di rappresentare più prospettive finisse per diluire l’identità del disco. L’equilibrio tra narrazione, introspezione e melodia spesso sembra precario: l’intenzione è chiara, ma l’esito può risultare frammentario.
Inoltre, per un ascoltatore che si aspettasse coerenza stilistica o un filo conduttore forte, l’album può suonare come un insieme di smagliature: l’eterogeneità delle atmosfere — a volte pop, a volte indie, a volte malinconiche ballad — probabilmente riflette bene l’incertezza emotiva del presente, ma può anche generare uno sfasamento, un senso di “disomogeneità” che a tratti disturba.
Detto questo, “Bellissimi e infelici” conserva un merito importante: il coraggio di non nascondere la fragilità. Casulli osa, tenta di essere intimo ma collettivo, di trasformare il personale in universale, di raccontare il presente senza edulcorazioni. Non è un disco perfetto, e forse non vuole esserlo: è un disco che cerca un punto in una confusione emotiva che molti conoscono.
È un ascolto che richiede tempo e pazienza, ma se si è disposti ad accettare le sue imperfezioni, “Bellissimi e infelici” può restituire un ritratto sincero di inquietudini contemporanee, di bellezza fragile e di un anelito di verità. In questo senso, appare come un progetto che, pur con gli scarti, merita di essere ascoltato fino in fondo.







