In “Guarirò”, Mads trasforma dolore e perdita in un atto di coraggio musicale. Il singolo unisce pop punk anni ’90, vulnerabilità e liberazione, raccontando la scelta di rialzarsi dopo cadute profonde. Nell’intervista l’artista parla di guarigione, identità e del valore di condividere fragilità reali con chi ascolta.

“Guarirò” nasce da un momento estremamente doloroso della sua vita. Quando ha capito che la musica poteva diventare il luogo in cui trasformare quel dolore in rinascita?
In realtà l’ho capito quasi senza rendermene conto. Dopo la fine di quella relazione, mi sono ritrovato pieno di emozioni che non sapevo come gestire. Scrivere è stato il primo passo per non tenermi tutto dentro. Poi, quando ho iniziato a mettere quelle parole sulla musica, ho sentito per la prima volta che stavo trasformando il dolore in qualcosa che mi faceva respirare. È stato come prendere un sentimento che mi stava schiacciando e dargli una forma che mi permettesse di liberarmene.
Nel brano lei canta “Guarirò le mie stupide ferite”. Qual è stata la ferita più difficile da guardare in faccia mentre scriveva questa canzone?
La ferita più difficile è stata rendermi conto che molte delle sofferenze me le ero inflitte da solo. A volte continui a insistere in una storia perché hai paura di restare da solo, o perché ti illudi che le cose cambieranno. Guardare in faccia la mia parte più fragile — quella che non ha avuto il coraggio di lasciare andare — è stato complicato. Ma è proprio lì che è iniziata la guarigione.
Le sonorità pop punk anni ’90 danno energia anche ai momenti più malinconici. Quanto ha influenzato il suo percorso personale questa scelta stilistica?
Tantissimo. Il pop punk anni ’90 ha quella doppia anima: malinconica ma anche esplosiva, arrabbiata ma piena di speranza. È esattamente il modo in cui mi sono sentito mentre scrivevo “Guarirò”. Avevo bisogno di un suono che non fosse solo triste, ma che mi permettesse di urlare, di sfogarmi, di liberarmi. Quel genere è stato il canale perfetto per raccontare un dolore che non volevo più subire, ma trasformare.
Il singolo alterna rabbia e dolcezza, vulnerabilità e potenza. La sua scrittura segue più l’istinto o un processo emotivo preciso?
Direi che nasce tutto dall’istinto, ma viene filtrato da ciò che sto provando in quel momento. Io scrivo quando non riesco più a tenere le cose dentro: è un bisogno. Poi, quando rileggo, metto ordine e capisco meglio cosa sto davvero comunicando. La rabbia dell’urlo e la dolcezza delle strofe convivono perché convivono anche dentro di me. Sono due modi diversi di sentire la stessa storia.
“Guarirò” sembra parlare a chiunque abbia perso qualcuno o sé stesso lungo il cammino. Quale reazione del pubblico l’ha colpita di più?
Le persone che mi hanno scritto dicendo che si sono ritrovate nella canzone, anche senza aver vissuto una storia simile alla mia. Chi mi ha detto che si è sentito meno solo ascoltando il brano, o che ha trovato conforto nel ritornello, è quello che mi ha toccato di più. Alla fine “Guarirò” è un grido che ho fatto per me, ma è bello vedere che è diventato un grido anche per altri.
Dopo questo singolo così personale, quali passi immagina per la sua carriera e cosa vorrebbe raccontare nei suoi prossimi brani?
Dopo “Guarirò” sento di aver aperto una porta su una parte di me che voglio continuare a esplorare. Vorrei raccontare la crescita, ma anche le fragilità che fanno parte del percorso. Mi piacerebbe continuare a sperimentare, restando fedele a ciò che mi fa vibrare davvero, sia nel punk che in altri generi. L’obiettivo è raccontare storie vere, senza filtri, e fare musica che possa essere un posto sicuro sia per me che per chi ascolta.







