Intervista ai Dish-Is-Nein per “I Valori della Crisi”

Dish Is Nein

“I Valori della Crisi” torna in una veste completamente rinnovata. I Dish-Is-Nein hanno scelto di ricostruire il brano dalle fondamenta per inserirlo nel percorso sonoro di Occidente – A Funeral Party, intervenendo su struttura, ritmica e linee vocali con un approccio più incisivo e contemporaneo.

Nella nuova versione convivono materiali dell’originale – poche chitarre filtrate e rielaborate – e un impianto elettro-acustico che introduce tensione, rumore e stratificazioni pensate per amplificare il senso di inquietudine che guida questa rilettura. Il risultato è un brano che non guarda alla nostalgia, ma alla coerenza con l’identità attuale del gruppo.

Nell’intervista, la band racconta il processo di revisione, il rapporto con il proprio passato sonoro e le scelte che hanno portato a definire il carattere della nuova versione.

Quali sono le novità sonore che distinguono questa versione rispetto all’originale?
Direi massive e strutturali, una vera e propria versione 2.0 del brano. Abbiamo cambiato stesura, riscritto totalmente le parti di batteria, diverso l’imprinting modale delle voci. Ma del resto, era un lavoro inevitabile, almeno dal nostro punto di vista: nel momento in cui abbiamo deciso di inserire questo brano nella scaletta live prima, e successivamente come “singolo” per le piattaforme streaming, era chiaro che il brano avrebbe subito un pesante maquillage per renderlo pienamente compatibile con le sonorità del nuovo album.

Come avete scelto di strutturare gli arrangiamenti senza la presenza di chitarre?
In realtà all’interno del brano sono presenti alcune parti di chitarra della versione originale, anche se queste sono state pesantemente lavorate, filtrate, effettate. Anche in questo caso il motivo non è da ricercare nell’intenzione da parte nostra di renderle irriconoscibili, ma piuttosto integrarle nel miglior modo possibile al nuovo arrangiamento del brano. Non ti nascondo che l’idea di avere qua e là ancora qualche suono suo (di Dario intendo) mi fa sempre piacere.

C’è stato un momento in cui avete rischiato di perdere l’equilibrio tra passato e presente musicale?
No, non credo, siamo da sempre animati dalla voglia di confrontarci col nostro presente più che col nostro passato. Poi è naturale che il vissuto musicale, il proprio background influenzi in qualche modo anche il presente, ma l’obiettivo è sempre stato quello di arricchire il nostro sound con elementi contemporanei, provare comunque ad alzare l’asticella senza volersi accontentare dello status quo raggiunto.

Come avete bilanciato la dark-wave dei Disciplinatha con le nuove sonorità di “Occidente – A Funeral Party”?
Ti dirò, personalmente trovo molto più dark le sonorità dei Dish-Is-Nein rispetto a quelle dei Disciplinatha. Comunque, per rispondere alla tua domanda, non ci siamo posti problemi di natura aprioristica sulla necessità di bilanciare vecchio e nuovo. Semplicemente, si fa per dire, una volta capito dove volevamo andare, abbiamo lavorato al meglio delle nostre possibilità per dare forma ed anima alla nostra “visione” rispetto a quello che doveva essere questo nuovo lavoro.

Quale strumento o suono è diventato il “cuore” del brano?
Il brano ha un tessuto ritmico ed armonico di matrice elettro-acustica piuttosto articolato, stratificato e composto da diversi elementi, molti di natura noise, sporcature, tutti elementi (questi ultimi) inseriti con l’obiettivo di creare disagio ed inquietudine, che è poi il mood che sta alla base di questa riscrittura. Non parlerei quindi di strumento singolo, ma piuttosto di “collegialità”.