State Of Neptune: intervista per il singolo “Killersplinter”

State Of Neptune

Il brano “Killersplinter” degli State Of Neptune affronta il tema della violenza che si propaga dall’alto verso il basso, interrogandosi su quanto sia reale la “crisi” quando ci si confronta quotidianamente con ingiustizie mascherate da legalità. Attraverso un vortice sonoro, il pezzo accompagna l’ascoltatore lungo il flusso di queste tensioni, senza concedere illusorie vie di fuga. La canzone nasce da sperimentazioni noise e post‑HC, ispirate a band come Slint e Gilla Band, e si fonde con l’anima alternative e stoner della formazione.

Nel comunicato dite che “ci hanno convinti che i soldi sono l’unica cosa che conta”. 
Quanto è stato personale per voi affrontare questo tema nel testo?

Da ormai decenni ci viene raccontato e legittimato un sistema economico per il quale il fine ultimo è il profitto, sopra tutto e tutti. Le agende ultra liberiste hanno smantellato pezzo dopo pezzo le politiche sociali che avevano consentito di tenere a freno la cupidigia sfrenata di chi sta al potere e capo di banche, aziende e quant’altro. Il tema è molto personale, perché la nostra generazione ormai si è accorta che questa non può essere la direzione da perseguire in futuro, bisogna ritornare a un senso più vero e profondo di comunità e a un sistema economico che metta al centro il benessere degli esseri viventi, non degli azionisti.

“Killersplinter” sembra una parola inventata. Cosa rappresenta, per voi, questo titolo?
Il titolo inizialmente nasce da un gioco di parole con cui facevamo riferimento al brano in fase di scrittura: “Gillaslint” (unendo il nome di due band che amiamo), poi è diventato “Killersplinter” una volta che la tematica del testo si è consolidata. La parola in quanto tale è inventata, l’idea di “scheggia assassina” nasce come riflessione su quanto in modo subdolo e costante il mondo intorno a noi ci avveleni e ci renda odiosi gli uni con gli altri, in nome del profitto di qualcun altro: come appunto una scheggia che piano piano, senza che ce ne accorgiamo, si insinua fino al nostro cuore in modo letale.

Nel descrivere un mondo che divide e opprime, avete scelto un linguaggio musicale 
aggressivo. È una risposta o una conseguenza del contesto che viviamo?

La frase che apre il brano: “Economic crisis interferes with my desire to be kind to you” ha un taglio ironico e fa riferimento a quanto le pressioni e le preoccupazioni che viviamo quotidianamente influiscano in modo meccanico sui nostri processi decisionali con conseguenze moralmente discutibili. La canzone è aggressiva perché il sistema è grottescamente aggressivo, e il brano vuole essere catartico in tal senso, uno sfogo senza mezzi termini.

Come si può mantenere empatia e umanità in un sistema che le considera 
“debolezze”?

Ricordandoci che in fondo si tratta di una scelta consapevole, che deve maturare dentro di noi. Dobbiamo avere la forza di scegliere di essere gentili, la forza di avere considerazione degli altri che stanno intorno a noi, insomma cambiare il paradigma per cui “l’uomo forte” è quello che va dritto per la sua strada senza guardare in faccia nessuno e forzando la mano. Ci deve essere spazio per un dialogo e un ascolto vero, la democrazia è un’idea meravigliosa, ma se non fa realmente il bene di tutti quelli coinvolti perde la sua forza e la sua dignità.

C’è ancora spazio, secondo voi, per la speranza in una musica così disillusa?
Lo sfogo che “Killersplinter” rappresenta è un passaggio necessario per processare il disagio, ma la disillusione per noi non è una destinazione. L’album di cui “Killersplinter” fa parte contiene quelli che per noi sono messaggi di speranza, per guardare alla vita in un modo più positivo e andando oltre quei modelli che la società di oggi sembra avere stabilito come gli unici possibili.