È stata una serata di quelle che non si dimenticano. Sullo sfondo barocco della Cattedrale di Noto, i Morninglory hanno conquistato il secondo posto assoluto alla finale macro-area Sud del Sanremo Rock & Trend Festival, guadagnandosi il pass ufficiale per la Finalissima Nazionale, che si terrà il prossimo 13 settembre sul palco più simbolico della musica italiana: il Teatro Ariston.
A emozionare giuria e pubblico è stato “Come Roma”, il primo inedito in italiano del gruppo siciliano, un brano intenso che mescola malinconia e grinta, sentimento e potenza, e che segna una svolta nella crescita musicale della band composta da Matteo Di Fede, Nicolò Geracitano, Danilo Riviera e Carmelo Zocco. Ma a colpire è stata anche l’energia della performance: autentica, coinvolgente, costruita con attenzione a ogni dettaglio.
Ne abbiamo parlato direttamente con loro, tra adrenalina post-palco, sogni che iniziano a prendere forma e quella voglia di restare veri, sempre. Ecco cosa ci ha raccontato Matteo Di Fede, voce e frontman della band.
Che emozioni avete provato nell’esservi aggiudicati la finale di Sanremo Rock?
“È stato un mix assurdo di emozioni: adrenalina, incredulità, felicità pura. Quando hanno fatto il nostro nome per la finale nazionale, ci siamo guardati in faccia e ci è scappata una risata nervosa. Non ci credevamo. Io ho abbracciato Nicolò e l’ho sollevato da terra, lanciandolo quasi per aria. Non ci credevamo. Da sempre sogniamo di salire su palchi importanti e far ascoltare la nostra musica, ma quando succede davvero… ti prende allo stomaco. È stato bello anche perché eravamo lì con il nostro brano, con qualcosa che sentiamo nostro fino in fondo.” Danilo, il nostro chitarrista, ha voluto suonare la chitarra facendola duettare con il mio cantato, e l’effetto è stato davvero coinvolgente. Il pubblico ha gradito tantissimo: sentivamo che si stavano sintonizzando con noi, era come se respirassimo tutti allo stesso ritmo. Alla fine del pezzo li ho esortati a unirsi al coro con me… e hanno cantato. È stato magico.”
Sul palco avete presentato il vostro primo inedito in italiano dal titolo “Come Roma”. Com’è nato?
“‘Come Roma’ è nata da una sensazione forte, quasi inspiegabile. Parla di un amore che è rimasto lì, incastrato tra il rimpianto e il desiderio di tornare indietro. È uno di quei pezzi che ti arriva dritto allo stomaco mentre lo scrivi, perché senti che dentro ci sei tu, davvero. Ma la cosa bella è che, anche se racconta una mia storia, ognuno può riconoscersi tra le righe. È il classico brano ‘universale’, che parla di me ma può parlare anche di te, di chiunque abbia vissuto qualcosa di simile. L’ho scritto in due momenti diversi di una relazione con una ragazza (di cui non farò il nome… anche perché, come avrete intuito, non è finita proprio alla grande). Poi ho messo insieme quei testi e ho iniziato a cantarla su un giro di chitarra acustica che mi ha subito riportato al sound brit pop… e lì ho capito che stava nascendo qualcosa di forte. Poi con Dani e i ragazzi lo abbiamo costruito in sala, partendo da un riff bello dritto e dandogli il nostro tocco. Così è diventata una power ballad vera, con la nostra grinta. Le abbiamo cucito addosso il nostro stile. Spero davvero che arrivi anche al pubblico, che ci renda riconoscibili e che qualcuno sentendola dica: ‘Questi sono i Morninglory.’”
Cosa volete che arrivasse alla gente che ascolta la vostra musica?
“Quando suoniamo, vogliamo che arrivi la verità. Quella roba lì che senti dentro quando ti succede qualcosa di forte, che sia bello o che faccia male. Cerchiamo di mettere questo nei pezzi: emozioni vere, vissute. Con ‘Come Roma’ volevamo proprio questo, che chi l’ascolta dica: ‘Cavolo, sta parlando di me’. E se anche solo una persona si è sentita capita, allora ha funzionato. A noi interessa più toccare una corda che fare scena. Siamo giovani, ma ci teniamo a far passare qualcosa che abbia un senso, che resti. Se poi qualcuno, anche dopo il live, ci scrive o ci ferma e ci dice che un nostro pezzo gli ha fatto venire i brividi… beh, lì capisci che stai andando nella direzione giusta.”







