INTERVISTA- “La (di)retta via” di LeFragole: un viaggio nell’anima

Con una melodia malinconica e un testo disarmante, LeFragole ci porta dentro un percorso personale fatto di dubbi, errori e riscoperte. Il nuovo singolo, tratto dall’album “LXI”, parla di maschere, autenticità e del coraggio necessario per affrontare la propria verità.

Bentrovato Marco, “La (di)retta via” è un messaggio di fede e speranza?
La (di)retta via” è un canto di fede e speranza, un invito a immergersi nella ricchezza della nostra cultura, nella bellezza dei valori che ci sono stati tramandati, nella disponibilità di figure guida come i sacerdoti. Ma è soprattutto un’esortazione a riconoscere che la vera meta è dentro di noi. La fede non è un’obbedienza cieca al Creatore esterno, ma una fiducia nel divino che risiede in noi stessi. La speranza nasce dalla scoperta e dall’amore per la nostra interiorità, dalla capacità di recuperare la forza per andare avanti, nonostante le tempeste della vita. È un viaggio alla ricerca del sacro che è in noi, un pellegrinaggio verso la nostra anima.

Com’è nata l’idea del titolo?

L’idea del titolo è nata da un’esperienza personale, da un momento in cui cercavo risposte e conforto. Mi sono trovato di fronte a persone in abito talare che, con la migliore delle intenzioni, cercavano di indirizzarmi verso ciò che consideravano il “sommo bene”. Ma ho capito che non esistono dogmi, sacramenti o preconcetti che possano essere anteposti all’importanza dell’individuo. La persona, con la sua unicità e la sua fragilità, è sempre al centro. “La (di)retta via” è un inno alla sacralità dell’essere umano, un’affermazione che ogni vita è un universo da esplorare, un mistero da rispettare.

Ci vorresti parlare del nuovo album LXI?

Il nuovo album, LXI, è un’opera ambiziosa: un romanzo musicale composto da 32 canzoni. Ogni brano è un’entità autonoma, una storia che si regge in piedi da sola. Ma è nell’intreccio tra un brano e l’altro, nel fluire di melodie e parole, che si rivela la trama del romanzo. Questo progetto è nato da una sfida lanciatami dal mio arrangiatore, Marco Anderlini, che mi ha spronato a esplorare le profondità dell’animo umano e a dare voce a ciò che giace in fondo al cuore. Ho cercato di tradurre in parole semplici gli “abissi” dell’esistenza, creando testi che fossero belli da leggere anche senza musica. E poi ho dato vita a quattro personaggi senza genere, Celeste, Andrea, Cri e Nico, figure in cui chiunque può riconoscersi, specchi in cui riflettere le proprie emozioni. È stato un esperimento audace, e il risultato è un’opera che spero possa toccare le corde dell’anima di chi l’ascolta.
Cosa vorresti trasmettere ai vostri ascoltatori?
Vorrei che LXI infondesse negli ascoltatori il coraggio di abbracciare la propria autenticità, di coltivare l’amor proprio, di affrontare le sofferenze a viso aperto, senza cercare di evitarle. Come i protagonisti del romanzo, dobbiamo imparare ad attraversare le tempeste della vita, a scendere negli abissi per poi risalire più forti e consapevoli. La vita è un viaggio difficile, ma non siamo soli. Se ci tendiamo la mano l’un l’altro, se condividiamo il peso delle nostre fatiche, allora anche il baratro più profondo può diventare un trampolino verso la rinascita.

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