Nel ritmo incalzante della vita quotidiana, spesso ci troviamo intrappolati tra le mura dell’ufficio, tra le aspettative altrui e l’incertezza del nostro posto nel mondo. È in questo contesto che Rubino ci invita a riflettere con il suo ultimo singolo, “My Office”.
Questa canzone non è solo un brano musicale, ma un appello alla consapevolezza e alla profonda riflessione su sé stessi. È un inno alla libertà interiore, un invito a non temere il cambiamento e a spezzare le catene della routine quotidiana.
“My Office” ci esorta a vivere autenticamente, a non accontentarci delle convenzioni, ma piuttosto a lasciare la nostra zona di comfort per riscoprire chi siamo veramente. È un viaggio emozionale che ci spinge a esplorare nuove strade, a cercare nuove prospettive e a abbracciare il potenziale trasformativo del nostro essere.
Nell’intervista esclusiva con Rubino, esploreremo le profonde motivazioni dietro questo singolo e il messaggio intimo che vuole trasmettere al suo pubblico. Scopriremo come “My Office” sia diventato un simbolo di emancipazione personale e di resilienza, offrendoci una guida verso una vita più autentica e appagante.
Preparati per un viaggio emotivo e ispiratore con Rubino e il suo “My Office”, un’ode alla libertà interiore e alla ricerca della vera felicità.
Il tuo nuovo singolo, “My Office”, affronta il tema della routine e della ricerca di autenticità. Credi che oggi sia più difficile che in passato liberarsi da queste “catene” e trovare la propria strada? Cosa, secondo te, ci rende più inclini a restare intrappolati?
Oggi le cose cambiano con una rapidità incredibile. I modelli predefiniti , come quelli legati alla vita, al lavoro e alle relazioni, sono sicuramente più facili da infrangere rispetto al passato. Tuttavia, c’è un altro lato della medaglia: il mondo “apparente” in cui viviamo oggi spesso non ci permette di fare scelte autentiche, perché siamo costretti a mantenere standard di vita che forse non ci rispecchiano veramente, rinunciando così alla nostra autenticità. Credo che questo rappresenti un limite significativo per la nostra crescita personale.
Nel brano parli di un’esortazione ad “andare via”, un concetto che può assumere molteplici significati. Per te, “andare via” è più un atto fisico, come il distacco da un luogo o da una condizione lavorativa, o un processo interiore, legato a una trasformazione personale?
Si tratta di un processo interiore, che genera un distacco emotivo e, successivamente, fisico da ciò che non è in sintonia con la nostra essenza. Nel brano dico: “non temere il tuo bene”, “se resti vivo respiri bene”.
Penso che, a volte, ci ritroviamo intrappolati in loop mentali che ci portano a fare “amicizia” con i nostri dolori e con quello che non vogliamo realmente, vivendo come se quel momento della nostra vita fosse eterno e immutabile.
Spesso la società ci spinge a conformarci a un’idea di successo prestabilita. “My Office” sembra mettere in discussione questa narrazione. Qual è la tua visione del successo e come pensi che si possa raggiungere senza perdere sé stessi?
A volte viviamo la nostra vita cercando di soddisfare le aspettative degli altri. Nel brano dico: “Fai già parte del cast, di un film che è perfetto?” Qualcuno ha già scritto la sceneggiatura e noi ci preoccupiamo di recitare un copione che probabilmente nemmeno sappiamo interpretare. Per me, il successo è legato al concetto di star bene e vivere seguendo le proprie inclinazioni, imparando dagli errori, distruggendo e ricostruendo.
Dal punto di vista musicale e della scrittura, come hai lavorato per tradurre queste riflessioni in suono e parole? Ci sono state influenze particolari che hanno guidato la composizione del brano?
Non saprei indicare influenze specifiche, ma sicuramente c’è della musica che ho ascoltato e suonato. A livello sonoro, insieme al mio produttore Paolo Mazziotti, che colgo l’occasione per ringraziare, abbiamo cercato di abbinare il testo con ritmiche e suoni che ne rispecchiassero il significato. Il testo del brano tratta di un tema piuttosto impegnativo, ma è accompagnato da un giro armonico e suoni “freschi” e “leggeri”. Mi piace giocare con questo contrasto. In qualche modo, accende la speranza.
Sei riuscito, nella tua vita, a mettere in pratica il messaggio di “My Office”? Qual è stata la tua personale esperienza con il cambiamento e con la ricerca di una dimensione più autentica?
Ho lasciato più volte situazioni che mi davano certezze emotive e razionali di vario tipo, per lanciarmi nel vuoto senza paracadute e cercare la mia vera dimensione. Penso che alle volte si possa cercare disperatamente il cambiamento, soprattutto quando si tocca il fondo, mentre altre volte arriva spontaneamente e bisogna abbandonarsi. È un processo che segue il suo corso; l’importante è non opporsi.