Manupuma omaggia milano con il nuovo singolo charleston

Manupuma, nome d’arte di Emanuela Bosone, è una cantautrice e attrice teatrale.

Si fa notare nell’edizione 2009 di Musicultura di Recanati quando, in coppia con Michele Ranauro, si aggiudica il Premio per la miglior interpretazione con il progetto Manupuma and The Bulletz. Canta in jingle pubblicitari, collabora con Pacifico e apre i concerti di Joan As Police Woman.

Nel 2014 pubblica Manupuma, album d’esordio che esce per Universal, dove partecipano Roberto Dell’Era (Afterhours), Davide Rossi (Coldplay), Ferdinando Masi (Casino Royale e The Bluebeaters), Pierluigi Petris (Sorelle Marinetti), Michele Ranauro e Pacifico nel ruolo di co-autore del brano “Perdersi Perdersi”.

“Pioggia” (2024) fa da apripista a Cuore Leggero, il nuovo album di inediti di Manupuma che riunisce in un unico progetto brani pubblicati in questi ultimi anni oltre ad alcuni inediti.

Abbiamo incontrato Manupuma e ci siamo fatti raccontare del nuovo singolo “Charleston” .

Manupuma, hai da poco pubblicato “Charleston”, in una versione inedita che si discosta dalla precedente; cosa ti ha spinta a riprendere questo brano dopo diversi anni?

Ho deciso in questi anni di far uscire diverse versioni di alcuni miei brani, in particolare sono molto legata a questa versione di “Charleston” perché è una versione che mi rappresenta bene, c’è una mia parte interpretativa che negli anni ho messo un po’ da parte ma che adesso voglio risvegliare.

Quale delle due versioni è più vicina alla Manupuma di oggi?

Sono sempre in continua sperimentazione per quanto riguarda il linguaggio, mi faccio contaminare in continuazione,  però se dovessi scegliere tra le due sicuramente mi rappresenta di più quest’’ultima versione perchè nella sua semplicità trovo che sia più sperimentale e interessante rispetto alla versione uscita nel mio primo album.

Charleston” è un omaggio a Milano, quali sono gli aspetti della città che ami e quali invece non sopporti.

Amo Milano perché ci sono nata e cresciuta, qui ci sono i miei migliori amici, la mia famiglia. Ho viaggiato parecchio, ho vissuto a Roma, all’estero, ma poi sono sempre ritornata nella mia città. Ci sono stati  anni in cui Milano era una città da scoprire, le fabbriche abbandonate, le vecchie trattorie sui navigli, i centri sociali, le feste nate negli acquedotti e nei cinema abbandonati, spettacoli teatrali che nascevano in stazioni di treni abbandonati, oggi è diventata la città più ricca, più omologata con mille locali alla moda che hanno spazzato via localini e palazzi pieni di fascino. Oggi Milano è una città meno timida, più altezzosa e anche più violenta, ma è anche una città che sta’ diventando, finalmente, più multietnica e questo per me è un bene, io vedo in questo una sorta di evoluzione. Una cosa che non sopporto di Milano è che è una città che corre troppo ma non ti dà, ancora, gli stessi servizi di una città internazionale; ci sono troppi privè e pochi parchi.

Nel corso della tua carriera hai sempre sperimentato con diversi generi musicali. Come definiresti il tuo stile oggi, soprattutto alla luce dei tuoi ultimi singoli ?

E’ vero ho sperimentato molto ma non solo con la musica, ho iniziato come attrice, poi ho approfondito lo studio e l’uso della voce e sono diventata una cantautrice. La versione inedita di  “Charleston” che ho pubblicato da poco è l’apripista per il lavoro che voglio portare in scena live e vorrei fosse a metà tra lo spettacolo teatrale e un concerto; un recital. Penso che la mia strada sia questa, riprendere il lavoro e la forma che avevo cominciato anni fa.

Milano è la tua città, in che modo questo ha influenzato la tua musica?

Milano non ha tanto influenzato la mia musica ma la mia scrittura,  è stata sempre, per me, una città ricca di stimoli: il  teatro, il cinema e la possibilità di osservare la gente, in metro su gli autobus, in giro…è  sempre stata la mia linfa per scrivere.

Da cosa ti fai ispirare quando scrivi i testi dei tuoi brani?

Mi faccio ispirare da tante cose, quando facevo l’Accademia dei Brera uno dei miei sogni nel cassetto era quello di diventare una fotoreporter, amavo perdermi nelle situazioni più strane con la mia macchina fotografica e poi scattare, rubare la bellezza di alcuni sguardi, azioni, ero una assidua frequentatrice di mostre fotografiche. L’umanità in tutta la sua bellezza e tragedia immortalata in un clic, mi attirava, mi ipnotizzava, penso che scrivere sia come scattare una foto, bisogna osservare, sentire, entrare in empatia, spesso scrivo anche di mie gioie e dolori ma cerco di usare sempre un linguaggio visivo, spesso rubo immagini dai film il cinema e un’altra mia grande passione, spesso mi hanno influenzato poeti che ho letto, la vita che vivo influenza la mia scrittura.

C’è un elemento del tuo lavoro che vorresti esplorare ulteriormente nei prossimi anni?

Quello che vorrei portare oggi in giro dopo tanti anni di sperimentazione è uno spettacolo dove sono in scena  come attrice e cantatane, voglio portare più contenuto recitato, qualche cosa di trasversale che esuli dal solito concerto suonato e cantato.