“Charleston”, versione inedita del brano pubblicato nel 2014 con l’album Manupuma, arriva su store e piattaforme di streaming.
“Charleston” è un omaggio a Milano, alla sua anima metropolitana e poetica, ai suoi angoli nascosti e ai suoi personaggi notturni. Alla città che sa essere musa e labirinto, sogno e disincanto. A chi si perde nelle sue notti e si ritrova nei suoi silenzi. A chi ama troppo, a chi rincorre, a chi si lascia trasportare dal suo battito irregolare. Una canzone per coloro che vivono Milano con il cuore acceso e l’anima in movimento.
Una Milano di notte, tra luci sfocate, locali jazz e strade bagnate dalla pioggia. “Charleston” è un viaggio onirico dentro la città, un racconto sospeso tra realtà e sogno, dove la musica diventa il battito stesso del cuore della protagonista.
Al centro della storia c’è una donna che insegue un amore sbagliato, perdendosi nei ritmi sincopati del contrabbasso e negli angoli nascosti della metropoli che non dorme mai.
Milano, struggente e bellissima, scorre dietro il finestrino di un taxi e accompagna la protagonista verso un destino incerto. Il tassista, come un filosofo notturno, le sussurra parole che risuonano come una sentenza “Brucia in fretta come sigaretta, questa vita è maledetta”.
Milano è il teatro di questo viaggio, una città che avvolge e consuma, che lascia il sapore agrodolce degli amori irrisolti e delle notti che non finiscono mai.
Quando registrai “Charleston”, la prima versione, aveva già un’identità ben precisa, era un brano che sentivo dentro di me, che raccontava molto di me, poi è arrivata la possibilità di registrare il mio primo album, e il brano è uscito vestito più pop ma ugualmente bello; una delle cose di cui vado più fiera e che mi onora è che lo suonano spesso al Plastic, per me uno dei locali più cool di Milano per la musica e la gente. Dopo 11 anni, mi sono resa conto che il fuoco che avevo dentro quando ho scritto questa versione era e rimane autentico. Qui il mio modo di cantare si avvicina alla performance teatrale: la voce rotta, i rumori del traffico, il pianoforte affiatato con l’armonica e un ritmo spazzolato. Sento, inoltre, che il testo, in questa versione che potrei definire “un cortometraggio cantato”, risulta più incisivo: inizia con un presentatore con il cilindro in testa che mi presenta come
la Valchiria del canto nostrano. Un sogno, parla l’inconscio, detta legge l’anima ma anche le convenzioni sociali. Ho pensato fosse bello divulgarla ora. È una versione libera, è una versione divertita ma è anche amare la vita così com’è. Manupuma