Intervista al cantautore Il Grigio con il suo nuovo singolo “Time”

Scopriamo news e curiosità in questa intervista

Ciao Dario, presentati ai nostri lettori.

Ciao! Mi chiamo Dario e nella “vita vera” sono un normalissimo ragazzo di 26 anni che vive in provincia di Bergamo. Nella musica – che ritengo essere la parte più interessante della mia vita finora – sono Il Grigio, artista indipendente che vive in un luogo chiamato La città che dorme sempre. “Il Grigio” perché penso che la verità si trovi molto spesso nelle sfumature che passano tra bianco e nero; sono un po’ relativista diciamo. Proprio come il colore, cerco di mescolare le mie principali influenze per dar vita a un progetto musicale trasversale che racconti il mio vissuto e ciò che mi circonda nella maniera più relazionabile possibile.

Perché il titolo “Time”? Cosa si nasconde dietro la canzone?

Il titolo è nato in maniera molto spontanea: avevo iniziato a produrne una demo quando ancora vivevo a Trento, e dopo aver scritto una prima strofa incentrata sul tema del tempo, ho abbozzato una prima versione del bridge utilizzando la parola “time” al posto di “tempo” perché mi suonava molto meglio. Quando è stato il momento di registrarlo per davvero mi era entrato in testa un po’ per osmosi e un po’ di prepotenza, quindi l’ho tenuto così. Quando ho sviluppato il resto della canzone il tema del tempo è rimasto quello principale, così ho deciso di utilizzare proprio “time” come titolo. Dico quello principale proprio perché poi ho cercato anche di far passare una critica non troppo velata verso le nuove tecnologie, all’utilizzo a volte spropositato che ne facciamo e al tempo che (più o meno consapevolmente) dedichiamo loro.

Hanno un filo conduttore i brani che hai pubblicato negli anni?

Credo che il filo conduttore della mia musica sia proprio io come persona: crescendo a livello personale, penso sia cresciuta con me anche la qualità della mia musica e di quello che racconto a livello lirico. I primi progetti erano figli della mia inesperienza su tanti fronti; col tempo sono migliorato sia nelle canzoni sia a livello comunicativo e di marketing.

Sul piano contenutistico ci sono sicuramente delle tematiche ricorrenti tra i miei brani d’esordio e i brani più recenti: uno su tutti, il tema dell’evasione dalla normalità e dalla routine. Penso che non mi abbia mai abbandonato, un po’ come se dentro di me sentissi ancora quella necessità di scappare che avevo quando ero poco più che un adolescente.

Un sound che trasuda originalità e personalità, ma anche con molti riferimenti ai grandi del passato, quando la musica rappresentava ancora l’apice dell’espressione umana evolvendo e condizionando l’intera società. Quali i tuoi riferimenti artistici che hanno aiutato la tua ispirazione nella tua musica?

Intanto grazie per il complimento! Come dicevo inizialmente, con il mio progetto cerco di unire le mie diverse influenze per trovare il mio sound personale, ed essendo un ascoltatore assiduo di musica di vario tipo diventa difficile identificarle tutte singolarmente. Ogni ascolto mi lascia qualcosa (positivo o negativo che sia), e in fase creativa penso che avvenga tutto in maniera abbastanza inconscia. Ad ogni modo, i miei riferimenti artistici principali si identificano nell’alternative hip-hop di stampo internazionale (Loyle Carner, Mac Miller, Nix Northwest per dirne alcuni), nell’indie-pop più nostrano e nella tradizione cantautorale italiana. Riconoscendo poi quali sono i più importanti, spesso mi capita (qui in maniera più consapevole) di fare citazioni a quelli che sono i miei “maestri”: all’interno della stessa Time vi è una citazione a La Soluzione di Fabri Fibra, per esempio. Tra questi maestri vi è sicuramente anche Willie Peyote, senza il quale probabilmente non farei la musica che faccio ora.

Domanda impegnativa: c’è un piccolo tour all’orizzonte? Dove ti si potrebbe ascoltare live?

Intanto non c’è un vero e proprio tour in programma, o quantomeno non lo chiamerei in questo modo; non sono quel tipo di artista che, quando ha tre o quattro date nel giro di due mesi lo spaccia per tour. Ho qualche live in programma a Bergamo e Trento, le due città dove sono stato più attivo storicamente in fatto di live; in particolare, presenterò il disco all’Ink Club di Bergamo i primi di aprile. Per il resto, cercherò come tanti altri artisti indipendenti di procurarmi delle date live per quest’estate. Mi piacerebbe molto aprire qualche festival e mi sto muovendo in tal senso; vedremo quale sarà la risposta al disco da parte del pubblico e cosa succederà nelle settimane seguenti.

Quali sono gli obiettivi da voler raggiungere? Cosa ti aspetti da questo percorso artistico e discografico?

Devo dire di non essermi prefissato degli obiettivi da raggiungere, se non quello di portare la mia musica di fronte a più persone possibili e togliermi delle soddisfazioni in questo senso. Capiamoci bene, non mi sto riferendo a un numero x di ascoltatori o follower sulle diverse piattaforme; diciamo che l’obiettivo generale, se ce n’è uno, è quello di cercare di fare qualcosa di qualità insieme alle persone di cui mi fido. Se poi nel lungo periodo verrò riconosciuto da una nicchia più o meno stretta di fan, tanto di guadagnato ovviamente. In questo, la dimensione live assume parecchia importanza: è quando mi trovo ad avere un contatto reale con le persone che mi esprimo artisticamente al meglio, ed è proprio lì che sento di essere sulla strada giusta.

In tutto ciò, sarei comunque ipocrita se non dicessi che mi piacerebbe riuscire a fare della musica non dico il mio lavoro, ma quantomeno una parte fondamentale anche su quel piano. Sono tuttavia consapevole di quanto sia difficile, quindi cerco di non pormi troppe aspettative.

Artisticamente parlando, rifaresti tutto oppure hai dei rimpianti?

Partendo dal presupposto che, se cambiassi qualcosa del mio percorso probabilmente non avrei la stessa consapevolezza che ho oggi, e che quindi rifarei tutto quanto, non posso negare che oggi cercherei di dare più valore ai miei primi brani sia sul lato qualitativo sia su quello comunicativo. Agli inizi ero molto naïf, e pensavo che mi sarebbe bastato pubblicare un EP perché la gente si interessasse a me e alla mia musica; ovviamente non è così semplice, quindi il progetto è passato abbastanza in sordina.

Inoltre, cercherei di curare meglio la produzione vocale: sento che, se avessi dedicato più tempo alle voci oggi ne sarei più soddisfatto e farei meno “fatica” a riascoltarmi. Forse però la bellezza dei miei primi brani sta proprio nel fatto che sono più grezzi di quelli più recenti. In questo senso, mi piace pensare che possano essere anche una traccia del mio miglioramento artistico, e probabilmente in futuro penserò qualcosa di simile rispetto ai brani che sto pubblicando ora. E direi che alla fine è anche giusto che sia così.

L’ultima parola a te… lasciaci un messaggio!

Grazie per questa super intervista! Il mio primo disco La città che dorme sempre uscirà prima di quanto pensiate; intanto, spero di avervi incuriosito rispetto al mio universo musicale. Seguitemi sulle varie piattaforme per rimanere aggiornati!

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