SELLO

Simone Sello trasforma la musica in cinema: “Paparazzi, Izakayas and Cowboys” è un film da ascoltare

Bisogna fare chiarezza su un punto fondamentale: “Paparazzi, Izakayas and Cowboys”, uscito il 12 dicembre 2025, non è (solo) un album; è la componente audio di uno spettacolo multimediale. Simone Sello, chitarrista e produttore che nella sua biografia figura anche come filmmaker , ha concepito questo lavoro prima di tutto come un’esperienza visiva, un “film immaginario” dove “musica e proiezioni originali” sono in “perfetta sincronia”. L’ascolto dell’album è, quindi, l’ascolto di una colonna sonora senza le immagini, anche se la musica è così evocativa da dipingerle direttamente nella mente dell’ascoltatore.

L’intero progetto è una “ricerca sonora personale” che esplora “incontri culturali improbabili ma fecondi”. Il concept visivo, anticipato dalla copertina surreale (un cowboy che entra in un Izakaya giapponese mentre un astronauta beve un drink), è supportato da video originali realizzati dallo stesso Sello , definiti come un “stream of consciousness” che enfatizza gli elementi più surreali. La musica è la guida di questo viaggio visivo.

Il “film” si apre con “Big Dipper Horse Ride”. Il brano è una perfetta sintesi di questa estetica ibrida: è una “cavalcata verso orizzonti cosmici” , che fonde l’epica western con un’implacabile produzione elettronica alla Giorgio Moroder e chitarre surf. È l’incipit perfetto per uno spettacolo multimediale: stabilisce subito le coordinate di un Far West retro-futurista. La dimensione cinematica prosegue in “Grey Horse’s Standpoint” , una traccia “meditativa ed evocativa” che usa il fischio (Alessandro Alessandroni Jr.) e lo slide per creare una “dimensione surreale e fantascientifica”, pronta per essere proiettata su un grande schermo.

L’atto successivo del “film” ci porta in città. “City Love” è uno “schizzo urbano compatto” , che evoca “strade illuminate al neon”. “Where Crime Lives” , invece, sposta il tono sul “noir” , suonando come un “documentario perduto”. La transizione più netta è quella verso Tokyo: brani come “Cocktail in Kanda” (con le sue “armonie jazz vintage”) e “Roundabout” (con lo shamisen) sono concepiti per trasportare visivamente il pubblico nell’atmosfera degli izakaya.

Come sottolinea l’artista, il progetto è “performativo” e “perfetto per contesti internazionali e festivalieri” proprio perché l'”impatto visivo e sonoro diventano parte integrante dell’esperienza”. L’album che ascolteremo il 12 dicembre è, quindi, un’opera potente, ma è anche l’invito a cercare l’esperienza completa: quella di una colonna sonora sperimentale sincronizzata a un visual art piece surreale.