Dancalia, con “Bataclan” la musica diventa un atto di resistenza

Nella penombra di una stanza dove la luce resta accesa anche quando tutto il resto sembra spegnersi, prende forma “Bataclan” (Artisti Online), il nuovo e coraggioso brano dei Dancalia. Il
brano nasce da una penna che trema, da una cena saltata, da una scadenza che pesa come un ultimatum: è l’immagine di chi continua a scrivere anche quando il mondo vorrebbe vederlo muto.
In questo scenario sospeso, la band trasforma una sensazione privata in un atto collettivo di resistenza, dando vita a un pezzo che non chiede il permesso di esistere ma lo rivendica. “Bataclan” affonda le mani nel tema più scomodo possibile: la libertà d’espressione messa sotto tiro.

I riferimenti alle ferite ancora aperte del Bataclan e di Charlie Hebdo non sono mai gratuiti, ma diventano monito, memoria viva, simbolo di ciò che resta quando un’idea viene trasformata in colpa. Il testo racconta la lotta intima e psicologica di chi sceglie di parlare in un mondo che si nutre di superficialità, sentenze rapide e alienazione digitale. La frase «Scrivere è resistenza qua tutto parte da me» sintetizza perfettamente l’essenza del brano: scrivere non è più un gesto creativo ma un dovere morale, l’ultimo spazio di libertà che sopravvive quando tutto prova a ridurti al silenzio.

Il pezzo vive di una tensione costante: i synth affilati e le chitarre post punk creano un’atmosfera inquieta, quasi sul punto di spezzarsi, mentre il beat secco e pulsante dà la sensazione di un allarme che continua a bussare sotto pelle. L’incontro tra elettropop e indietronica è curato con grande attenzione, trasformando il brano in uno spazio sonoro che protegge ma allo stesso tempo scuote.

A tenere tutto insieme è la voce di Costantino Pulina, intensa e carica di verità, sempre sospesa tra il bisogno di raccontarsi e quello di denunciare. È lì che si sente davvero il cuore della canzone: nella sua vulnerabilità che non smette mai di farsi forza. Tra le immagini più forti del brano si staglia il verso «Canto perché se sto zitto muoio (come al Bataclan)», una linea che racchiude l’intero senso del pezzo. Non è imitazione del dolore, ma la consapevolezza che tacere, oggi, significa lasciarsi sconfiggere. Cantare, scrivere, esprimere il proprio dissenso diventa allora un gesto di vita, un atto politico, una scelta di identità.

Con “Bataclan” i Dancalia firmano un brano che non mira a piacere a tutti, ma a risvegliare chi ascolta. È una canzone che sfida, che attraversa ferite collettive per trasformarle in consapevolezza, che ricorda come la libertà non sia mai garantita, ma vada difesa ogni giorno, parola dopo parola. Il singolo è già disponibile in anteprima esclusiva su Bandcamp, e sarà fruibile gratuitamente su tutte le piattaforme digitali dal 19 Dicembre.

Chi sono i Dancalia?
I Dancalia non stanno cercando di inserirsi in una scena. Stanno costruendo un genere che ancora non esiste, e lo fanno con la precisione di chi sa esattamente dove vuole arrivare. Lo chiamano altwave, ma è solo un modo per dare un nome a qualcosa che, per natura, rompe gli schemi: synth programmati manualmente, loop costruiti nota per nota e chitarre che intervengono solo quando hanno qualcosa da dire, per spezzare i silenzi e le pause, mai per decorare, sempre per colpire.

Niente suoni di libreria, niente formule pop riciclate. Ogni nota è una scelta deliberata, ogni arrangiamento un equilibrio cercato tra elettronica fredda e scrittura che brucia.
Giuseppe Cappio Borlino (Roland Against the Machine, Shelf) plasma architetture sintetiche e riff di chitarra ossessivi; Mattia Schintu (Skima) incide con linee che lasciano il segno; Costantino Pulina (Iridiø) scrive testi che non fanno sconti e li canta come chi non ha paura di guardarti negli occhi.

Il risultato è una musica che non chiede il permesso di esistere. Ti fa ballare mentre ti mette davanti a uno specchio, ti ipnotizza con i suoi ritmi ma non ti concede vie di fuga. È un suono che non deve nulla a nessuno, perché ogni elemento è stato forgiato
da zero, una traccia alla volta.

“Non cerchiamo legittimazione: la stiamo creando.”