Eccolo Adriano Meliffi al secolo AdriaCo. Eccolo giungere all’esordio dal titolo assai cinematografico “Collezione di arretrati”… disco che finalmente emerge dai cassetti personali e da una biografia davvero interessante che vi invito ad approfondire. Eccolo misurare se stesso e farne di conto dentro un disco che tanto richiama il vero pop d’autore anni ’90 e 2000, di quelle timbriche che devono molto alla famiglia Graziani – tanto per fare allegorie di stile. Elettronica e melodie in maggiore e quel senso di futuro che non significa rivoluzione delle abitudini ma tutt’altro… danza morbido come dentro la bellissima “Dall’altra parte del mare”, soffice come nell’incontro, ispirato che una seconda prova lo chiamerà a faticare.

Posso dirti che sembra che ogni canzone, interludi compresi, richiamino l’immaginario di una favola?
Non è la prima volta che mi viene detto! Una volta mi è stato detto “a metà tra Disney e Peter Gabriel”. Beh, mi pare un complimento… Sicuramente c’è qualcosa di questo disco che rimanda al mondo dell’infanzia, pianoforti giocattolo, canzoni che parlano di ricordi di bambino. Non a caso le grafiche sono un po’ stile cartone animato e anche nella comunicazione che abbiamo fatto sui social ho utilizzato tanti filmati di quando ero piccolo. Alla fine è un disco che parla di mantenere il rapporto col bambino, l’adolescente, il giovane dentro di noi, tutte le nostre fasi. Un invito a non buttare niente di ciò che ci ha portati dove siamo. Quindi le favole ci sono, le favole, le fiabe, alimentano i sogni dei bambini, non tutti i sogni si avverano e spesso non c’è una vera morale da far propria, in questo la realtà è diversa dalle favole. Ciò non vuol dire che non sia giusto sognare e cercare un senso.
AdriaCo come vive la vita? Come una favola, come dentro una nebbia che si lotta per vederci attraverso… o con una gelida consapevolezza?
Mi viene da dire che le favole spesso sono cupe e tenebrose. Con un’amica spesso commentiamo come anche nei film di animazione della nostra generazione ci fossero tanti momenti angoscianti, oscuri, Belle che si perde nel bosco, Simba che perde il papà… Oggi questo aspetto delle fiabe lo abbiamo un po’ messo da parte, come se volessimo negare l’esperienza negativa a tutti i costi, ma non è sempre tutto “sorridi alla vita”. A volte bisogna piangere e bisogna avere paura. A volte non si ha la più pallida idea di dove si sta andando e si vive nella nebbia. A volte ingoiamo rospi, è pieno di Cenerentole che non ce la fanno, accettare questo e diventare adulti può sembrare gelido e distruttivo. Non è facile anche per chi ci sta intorno a volte che accettare la realtà non è resa ma sana consapevolezza e che talvolta il lieto fine è completamente diverso da quel che pensavamo.
Ed un suono così ampiamente prodotto in che modo fotografa la vita delle occasioni lasciate alle spalle e ancora di riprendere?
La produzione di questo disco ha attraversato tantissimi step ed è passata per molte mani, ma ho sempre cercato di tenere a mente l’obiettivo: far ascoltare canzoni che erano nel cassetto da troppo tempo, offrirle al pubblico come sono, come da sempre dovevano essere. I testi comandano, abbiamo messo la musica e gli arrangiamenti al servizio dei testi, è lì che sono gli arretrati, i temi del disco, le cose che avevo da dire. I producer fanno sempre più spesso il “compitino” senza entrare realmente in contatto coi brani, con quello che vogliono comunicare. Noi abbiamo seguito un iter molto diverso, ho scelto collaboratori attenti e con cui avessi anche una buona comprensione sul piano umano. Un lavoro certosino che ha portato la produzione ad allungare i tempi e a diventare così stratificata, ma che riesce (spero) ad allineare il contenuto testuale e musicale. Per il resto sono ancora pieno di cose che voglio far sentire al mondo, canzoni e progetti da riprendere, questo disco ha riacceso il mio motore e non smetterò mai di pubblicare le mie “collezioni di arretrati”.
E in generale: ha senso e importanza ripescare dal passato? Questi famosi arretrati di cui parli, sono inevitabili o tradiscono una debolezza?
Dipende dalle persone e da come se li vivono gli arretrati. Io penso sia inevitabile in una vita accumulare idee e progetti che non riusciamo a portare a termine. A volte sono cose che partono da noi, esigenze vere. Altre volte sono contaminazioni, cose che pensiamo di dover fare e chissà che succede se non le facciamo. E ci si incastra così. La debolezza sta nel vivere costantemente inseguendo il tempo, pensando di dover stare al passo con qualcosa che magari non ci appartiene. Ci sono compromessi da accettare certo, ma non dobbiamo per forza fare tutto quello che ci dicono e nei tempi chi ci dicono. Se ognuno accettasse di vivere nel proprio tempo e fare le cose perché ama farle senza aspettarsi che debbano andare chissà dove, l’ansia non sarebbe un disturbo così diffuso. Nel disco poi c’è anche un’evoluzione, non è semplicemente una foto degli arretrati, ma anche un modo per rispondere alla domanda “e ora che ci faccio con tutte queste cose?” La risposta è sparsa un po’ tra tutte le canzoni.
E in altre parole citando la tua presskit: il disco nasce da bozze, appunti, sogni e frammenti rimasti in sospeso. Da quegli appunti ad oggi, le canzoni come sono cambiate?
Meno di quanto si possa pensare, anzi molte sono rimaste estremamente fedeli alle idee embrionali, di non snaturare nulla per inseguire nuove mode. È un approccio strano in un’epoca in cui si va per reference tipo “voglio che il pezzo suoni così” e si prendono 2, 3 canzoni di artisti famosi del momento. Come dicevo, il nostro iter è stato completamente diverso. Qualche canzone ha subito delle belle metamorfosi, Cicatrici, nata in inglese e tradotta successivamente, Amati che in acustico aveva una struttura molto diversa con una parte in inglese sul finale, ora affidata totalmente a cori di sottofondo. Sulle altre non ho sentito il bisogno di fare grandi modifiche. Anche i testi a volte suonano un po’ ingenui a volte proprio perché sono rimasti come erano. Su Sogno e Incubo avrei voluto fare delle modifiche per renderle più “adulte” ad esempio. Poi ho preferito lasciarle così, a fotografare quel momento, coerentemente con lo spirito di un album che racconta una storia e un’evoluzione.







