
C’è chi fa musica per intrattenere, e chi la usa per smascherare il mondo. Scacco è questo: una provocazione poetica, un viaggio lisergico dentro la mente di un artista in bilico tra follia e consapevolezza. I Teatro Euphoria firmano il brano più visionario del loro debutto, IA, in arrivo il 14 dicembre. Lo fanno con un linguaggio stratificato, teatrale, volutamente scomodo, che rende omaggio alla sensibilità del chitarrista Federico Figlioli, mente creativa del progetto scomparsa prematuramente. Abbiamo parlato con la band per decifrare questo atto finale, che di finale ha solo il nome.
Scacco è l’ultimo brano dell’album, ma anche il primo che ascoltiamo. Perché avete scelto proprio questo come anteprima?
Abbiamo scelto di rilasciare Scacco come singolo perché crediamo che sia un buon compromesso, un punto di rottura tra il concept dell’album e un tipo di libertà sonora che esce fuori dagli schemi. Il risultato che si ottiene alla fine del viaggio narrato nell’album, ottima sintesi per presentarci a chi non ci conosce. Di fatto Scacco narra “l’esplosione”, la scissione del personaggio nelle sue mille personalità già viste singolarmente in ogni brano. È la mossa perfetta per far capire all’ascoltatore che ogni regola verrà rivoluzionata con autoironia. Insomma Scacco racchiude le personalità di tutti noi. (Gabriele N.)
Il brano è un delirio lucido, pieno di simboli, follia e poesia. Che tipo di viaggio volete far vivere all’ascoltatore?
È normale che l’ascoltatore inizialmente sia un po’ spaesato. Come un viaggiatore che non sa dove guardare, chi ascolta Scacco non sa “dove ascoltare”. A un primo ascolto saranno chiari alcuni concetti, ma non altri. Col tempo, prendendo confidenza con il brano si può andare sempre più a fondo nei significati. L’ascoltatore può trovare in Scacco tanti piccoli segreti, tra sovraincisioni vocali e metafore che suggeriscono a lui un significato più ampio, un viaggio che si muove tra analogie e simbolismi. Vi promettiamo che imparerete a mantenere l’equilibrio su Scacco. Ciò che è chiaro sin da subito è sicuramente la denuncia sociale e politica. (Emanuele L.)
Federico Figlioli ha firmato il testo. Qual è, oggi, il significato di portare al pubblico questa canzone?
Portare questo, e anche altri brani in futuro, assume ora un significato diverso da quello previsto. Adesso è nostro obbligo morale “riportare” Fede a tutti i suoi cari, alle persone che amava, e presentarlo a tutti coloro che purtroppo non hanno potuto conoscerlo, e lo faremo con il nostro album, nel quale c’è sicuramente più Federico che in una foto. (Emanuele L.)
L’ambientazione circense sembra un filtro visionario per raccontare qualcosa di molto concreto. Qual è la realtà che cercate di smascherare?
Credo che tutto stia nell’ipocrisia, la falsità delle persone. Il nostro protagonista della canzone è un uomo senza filtri. Si, la sua mente è divisa tante personalità, ma ognuna di queste è sincera con sé stessa. C’è chi non ha paura di nascondere il proprio temperamento, e chi invece non si vergogna di sognare a occhi aperti. Il clou viene raggiunto nella parte finale, quando calano i sipari e rimaniamo solo noi, i musicisti e gli interpreti, su quel palco. Lì invece ci presentiamo noi per quello che siamo, ci togliamo le maschere e, grazie al testo di Eugenio, ci permettiamo di parlare direttamente con l’ascoltatore, cercando di portarlo alla realtà e di fargli vedere il mondo per quello che è: un’enorme scacchiera. (Michele R.)
A livello sonoro, Scacco è un’esperienza stratificata. Come nasce questa composizione così eccentrica e coraggiosa?
Eugenio aveva scritto una bozza di testo e Federico aveva proposto una sorta di “rapsodia”, un pezzo musicale che mutava sempre, senza ripetizioni di parti. L’unica cosa che so per certo è che questa bozza ha fatto mandare al manicomio Eugenio, portandolo ad avere anche un importante blocco dello scrittore… Finché poi non ha deciso di affrontarlo e finire il testo una volta e per tutte. Come ogni canzone di Federico, nasce da attimi di lunghe giornate, piene di stress, lavoro o semplicemente inquiete. Scacco è stata anche un esercizio personale per lui: nasce da una voglia matta di osare, di cercare di arrivare a toccare i limiti della musicalità, mantenendo comunque toni bassi. Come una sorta di Icaro che vuole volare il più in alto possibile, attaccandosi però dei pesi ai piedi per mantenere il contatto con la strada sotto i suoi piedi. (Michele R.)
La vostra musica sembra sfuggire a ogni etichetta. Vi sentite parte di una scena o piuttosto in opposizione a essa?
A dire il vero non ci è mai piaciuto definirci, nè etichettarci in un genere. Ci piace considerarci come una grande tavolozza di colori con tutte le sue sfumature, ma anche le sue scale di grigi. (Gabriele N.)
Il fool shakespeariano è un riferimento centrale. Vi sentite artisti folli, saggi o entrambi?
Quello che siamo è frutto di connubi e domande, siamo figli dei fallimenti ed allievi della gavetta, siamo il risultato perfetto di chi si ferma e si chiede: “io chi sono?” (Eugenio S.)
Se doveste spiegare Scacco a chi non ascolta musica “difficile”, da dove partireste?
Per comprendere Scacco non è importante il tipo di musica che si ascolta, poi per carità può piacere o non piacere. Direi piuttosto che serve avere la coscienza pulita o altrimenti un po’ di coraggio. Scacco è denuncia, critica sociale. Preparerei chi deve accingersi all’ascolto esortandolo a fare una presa di coscienza. (Emanuele L.)







