Rita De Angelis, benvenuta! Ti ringraziamo per il tempo concesso a pochi giorni da quello che si preannuncia l’apice di un’edizione straordinaria di ItaliaVision.

La finale di ItaliaVision 2025 a Roma è ormai alle porte. Dal suo punto di vista di Direttore Artistico, come sta vivendo l’intensità e l’emozione di questo particolare momento?
La sto vivendo con una miscela molto intensa di adrenalina, riconoscenza, tensione e responsabilità. In queste ultime settimane respiriamo una forte emozione. Io cerco di essere il punto fermo, ma la verità è che mi lascio contagiare dalla magia che si crea quando tutto sta per andare in scena. È un momento di grande concentrazione, ma anche di profondo orgoglio.
Qual è stato il momento più stressante e, al contempo, più gratificante di questa stagione?
Sicuramente la fase di selezione finale dei brani. Abbiamo ricevuto proposte di altissimo livello e la responsabilità di scegliere quali meritassero il palco di ItaliaVision è stata enorme. Sentivo il peso delle aspettative, non solo del pubblico, ma anche degli artisti stessi, che affidano a noi un frammento importante della loro carriera.
Il momento gratificante, però, arriva sempre dopo: quando vedi un artista solcare il palco con sicurezza, sapendo che quel brano, quella performance, quella scelta creativa hanno trovato la loro forma migliore. Capisci di aver contribuito a raccontare una storia.
Lei è il Direttore Artistico: come definirebbe il suo rapporto con gli artisti in gara? È un ruolo di guida, di mentore o più semplicemente di facilitatore della loro visione?
Direi che è un equilibrio di tutte e tre le cose. Il mio compito non è imporre una visione, ma capire quella dell’artista e, se necessario, aiutarlo a metterla a fuoco, a darle forza, a farla respirare. A volte agisco da guida, quando c’è bisogno di dire chiaramente cosa funziona e cosa no. Altre volte sono un mentore, soprattutto con i più giovani, quando serve accompagnarli nella complessità di un evento così grande. Ma il ruolo che preferisco è quello di facilitatore: creare le condizioni ideali perché ogni artista possa esprimere la propria unicità senza compromessi inutili.
Archiviata l’edizione 2025 con la finale di Roma, lo sguardo si volge già al futuro. Cosa si aspetta, o cosa spera, di vedere nell’edizione di ItaliaVision 2026? C’è un’innovazione, un formato o un tipo di artista che desidera esplorare?
Spero in un’edizione ancora più aperta alla contaminazione. Vorrei vedere arrivare artisti capaci di fondere linguaggi e generi, magari provenienti da percorsi non convenzionali: producer indipendenti, cantautori che si muovono tra arti visive e musica, performer che utilizzano anche tecnologie immersive o strumenti inusuali.
Mi piacerebbe introdurre una sezione dedicata alla sperimentazione scenica, in cui musica e narrazione visiva dialoghino più strettamente. E sto valutando anche l’idea di workshop pre-selezione, per dare ai candidati strumenti creativi e tecnici prima ancora della competizione. ItaliaVision deve continuare a essere una piattaforma che non solo premia, ma fa crescere.
Se potesse lanciare un messaggio ai giovani compositori e performer che stanno pensando di candidarsi per la prossima edizione, quale consiglio o incoraggiamento darebbe loro?
Direi di non inseguire ciò che “funziona”, ma ciò che li rappresenta davvero. La sincerità artistica arriva sempre al pubblico, anche quando rischia di sembrare fuori dagli schemi. Curate il dettaglio, il testo, la produzione, ma soprattutto lavorate sulla vostra identità: nessuna competizione è più preziosa di quella con voi stessi. E ricordate: ItaliaVision non cerca il brano perfetto, ma l’emozione autentica. Se avete qualcosa da dire, ditecelo senza paura.







