Con il suo nuovo singolo, Rugge trasforma il dolore in musica, dando voce a ferite intime e universali. Nell’intervista racconta la genesi del brano, il confine tra autobiografia e narrativa, e la forza dell’autenticità in un panorama musicale dominato da tendenze veloci e social.

Quanto è stato difficile trasformare una ferita personale in una canzone come “Firmato amore mio”?
È stato abbastanza difficile visto l’argomento e la situazione come relazione, però essendo che quando scrivo mi “sfogo” e scrivo tutto ciò che penso mi è stato di aiuto, ed è per questo che le canzoni le scrivo in 1-2 ore mediamente.
Nel brano si avverte un dolore profondo: quanto c’è di autobiografico e quanto invece è narrativa musicale?
Un 50/50, perché ci sono cose vere che ho vissuto, e altre cose invece che ho immaginato in relazioni “tossiche” che fanno solo del male a una delle due persone.
La tua musica sembra parlare direttamente a chi si sente perso: chi immagini quando scrivi?
Come ho già accennato prima, penso ad una coppia dove c’è uno dei due che sta male e appunto si sente perso, e scrivo appunto per “aiutare” chi si sente perso.
Cosa ti auguri arrivi a chi ascolta questo singolo per la prima volta?
Auguro che chi la ascolta si riesca a ritrovare in ciò che dico, così che si sente compreso, meno solo e più capito.
Dove ti immagini tra qualche anno nel tuo percorso artistico?
Mi immagino di essere riuscito a diventare qualcuno, anche se ci vorrà del tempo ma io mi vedo nel mondo della musica.
Qual è, secondo te, la più grande forza della tua scrittura?
La mia più grande forza secondo me, è di scrivere cose che purtroppo vuoi o non vuoi a tutti almeno una volta accadono, e che quindi sono da tutti “capibili/comprensibili” e anche il fatto che secondo me, anche il come strutturo le frasi che sono comunque forti ma sono lavorate bene, è un mio punto di forza per la quale con tempo poi riesco a distinguermi da altri.







