Con il nuovo singolo “Ho capito”, Matoh si scrolla di dosso ogni filtro, scegliendo di esporsi senza mediazioni. Il brano è una scarica di sarcasmo e frustrazione, una reazione istintiva e ragionata allo stesso tempo contro una società che impone maschere e pretende conformità. Dietro una scrittura tagliente e una produzione essenziale ma d’impatto, si cela un’urgenza comunicativa autentica: quella di rompere il silenzio, di dare voce al disagio, di rifiutare il compromesso.
Nel testo, l’artista mette a nudo la fatica di dover sempre soddisfare aspettative altrui, denunciando la pressione sociale e i giudizi costanti. L’ironia si alterna alla rabbia, diventando uno strumento di resistenza e di connessione. Perché “Ho capito” non è soltanto un titolo, ma una dichiarazione, una resa dei conti, un invito a guardarsi dentro.
Su Diffusioni Musicali, abbiamo intervistato Matoh per approfondire le radici di questo brano e comprendere la visione che lo accompagna.
Come immagini la reazione del pubblico a un brano così diretto?
“Mi piace pensare che molte persone abbiano ascoltato il mio brano due volte: la prima volta sentendosi capiti dalle mie parole, e la seconda sentendosi anche loro, un po’ come tutti noi, parte di questo sistema marcio e perennemente critico. Perché Ho Capito non è solo una risposta alle critiche stereotipate della società, ma anche un modo per far capire che la colpa è di tutti, perché tutti siamo così.”
Ti interessa più provocare una riflessione o una reazione emotiva?
“Non mi prendo la responsabilità di essere uno spunto di riflessione per qualcuno, sarebbe davvero strano per una persona come me. La reazione emotiva è decisamente quello che cerco quando scrivo, purché non sia fine a se stessa. Io scrivo per collegarmi con chi mi legge, perché per me la musica è unione, è vicinanza, è comprensione.”
Cosa speri che qualcuno dica dopo aver ascoltato “Ho capito”?
“Sarebbe troppo scontato se rispondessi con “Ho capito”, no?
Piuttosto mi farebbe molto piacere se chi ascolta quello che ho da dire non si fermasse lì, ma che arrivasse anche a chiedersi “cosa avrà voluto dire Matoh? E cos’altro ha da dire?”, e la risposta sarebbe “Tanto”. Questo è quello che spero.”
Hai paura dell’indifferenza più che delle critiche?
“Ricevere le critiche vuol dire che, in un modo o nell’altro, tu sei arrivato a chi doveva ascoltarti.
Non arrivato in maniera “passiva”, in un passaggio alla radio sentito di sfuggita, o in una breve discussione distratta con un amico, ma in maniera presente e coinvolgente, voluta. Chi ti ascolta, anche se gli fai schifo, lo fa perché sceglie di farlo. L’indifferenza invece è sintomo di ignoranza, non culturale, ma emotiva, e questo credo che faccia molto più male.”







