One Blood è il nuovo album di Tarantola

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Dopo quattro singoli pubblicati la scorsa primavera, i Tarantola svelano le nuove tracce di One Blood, il nuovo album, una raccolta di brani che si pregiano della partecipazione di talentuosi musicisti del calibro di Daddy Freddy, Awa Fall, Papa Leu, Manlio Calafrocampano e Scaraman, Sabaman e Brass Brothers che conferiscono al progetto un respiro internazionale. Un incontro di stili, londinesi, giamaicani e del Sud Italia, che nell’album si mischiano per celebrare la diversità culturale, l’unità e la connessione umana.

Per l’occasione abbiamo incontrato Mauro Lacandia, fondatore della band, e gli abbiamo fatto qualche domanda su questa nuova produzione.

One Blood è un titolo forte e simbolico. Qual è stata la scintilla che vi ha spinto a scegliere questo nome per l’album?
Il titolo One Blood nasce da un bisogno profondo di unione. Vivendo a Londra, una città dove convivono culture da tutto il mondo, ho sentito forte il contrasto tra ciò che ci divide e ciò che ci unisce. Il sangue è un simbolo semplice ma universale: ce l’abbiamo tutti, dello stesso colore. Con questo album volevamo lanciare un messaggio chiaro di fratellanza, di empatia e di riconoscimento reciproco, al di là delle origini o delle lingue.

Come avete scelto i featuring presenti nel disco?
Non abbiamo cercato “nomi” da mettere per forza, ma artisti che potessero condividere il messaggio di One Blood e portare la loro autenticità nel progetto. Ogni voce presente ha qualcosa da dire, e ha arricchito il disco con una prospettiva unica. Awa per la voce piu’ spirituale per Reggae Beat, Papa Leu per il suo tono riconoscibile tipico del reggae salentino e Daddy Freddie per il suono aggressivo e giamaicano, che da quel valore aggiunto nella nostra ricerca di unire suoni di culture diverse. 

L’album mescola reggae, dub, dancehall, soul e taranta: quanto è stato naturale per voi fondere tutti questi generi?
Per noi è stato un processo naturale, quasi spontaneo. Sono generi che fanno parte della nostra vita e identità: il reggae è la base, la taranta è la terra, il soul è il cuore e il dub è lo spazio tra le emozioni. Non abbiamo forzato nulla: abbiamo seguito il suono e lasciato che fosse lui a guidarci. Vivere tra Salento e Londra ci ha permesso di assorbire diverse influenze e trasformarle in qualcosa che ci rappresenta davvero, considerando inoltre la grande quantita’ di gente che fa parte del collettivo che viene da diversi angoli del mondo. 

“Original Terron” è una dichiarazione d’orgoglio identitario. In un mondo ancora pieno di pregiudizi, qual è il vostro messaggio per chi vive un’emigrazione?
Original Terron è una rivendicazione d’identità con il sorriso sulle labbra. Sappiamo cosa significa sentirsi fuori posto, essere giudicati per l’accento, per il nome o per le origini. Il nostro messaggio è: non vergognarti mai di chi sei. Le tue radici sono un superpotere. Emigrare è un atto di coraggio e chi lo vive porta dentro una ricchezza immensa. A chi è in viaggio, diciamo: tieni stretta la tua verità e trasformala in forza, non discriminare, ma usa le tue radici forti per aiutare le altre a crescere. 

Manuel “Scara” Scaramuzzino ha curato il mastering e la versione dub di “One Blood”. Com’è stato lavorare con lui?
Lavorare con Scara è stato un vero onore. Ha capito il cuore del progetto fin dal primo ascolto. Il suo approccio al suono è professionale, profondo, rispettoso. Ha dato respiro e potenza alle traccia, ma senza snaturarla. La versione dub che ha creato e’ viaggio parallelo che ti fa entrare ancora più a fondo nel messaggio di One Blood. È un maestro del suono, ma anche una persona con grande sensibilità, capacita’ assurde, sono sicuro che crescera’ sempre di piu’ e si fara’ rispettare sempre di piu’ per quello che vale. 

Com’è cambiato il vostro sound e il vostro approccio musicale rispetto ai primi lavori?
Rispetto ai primi lavori siamo cresciuti, sia come musicisti che come persone. Oggi curiamo ogni dettaglio, dall’arrangiamento alla produzione, con molta più consapevolezza. Siamo più liberi nel mescolare generi, più coraggiosi nel raccontarci. Prima cercavamo una direzione, ora abbiamo capito che la nostra direzione è la contaminazione stessa. Ogni brano è un esperimento sincero. Inoltre, prima non capivamo che la nostra storia di migrazione e’ proprio la nostra forza e la nostra verita’. 

Vi sentite più una band salentina, italiana o internazionale?
Tarantola è tutto questo insieme. Siamo profondamente legati al Salento, che è la nostra radice, ma parliamo al mondo. Il nostro suono è italiano, mediterraneo, ma anche figlio delle città dove abbiamo vissuto e delle culture con cui ci siamo intrecciati. Ci piace pensare di essere una band internazionale con un cuore salentino che batte reggae.