Con Vi Voglio Bene, Carlo Pontevolpe esplora la genitorialità attraverso la musica, trasformando emozioni e riflessioni in un brano intenso e autentico. Qui il cantautore racconta il percorso che lo ha portato a scrivere questa canzone, il suo rapporto con la vulnerabilità e l’importanza di accettare l’imperfezione, sia nella musica che nella vita. Un racconto sincero e profondo, tra melodie spontanee e il desiderio di lasciare un segno attraverso la propria arte.
“Vi Voglio Bene” nasce da una riflessione profonda sulla genitorialità. Credi che scrivere questa canzone ti abbia aiutato a essere un padre più consapevole? Ti ha cambiato il modo di comunicare con i tuoi figli?
Sì, credo mi abbia aiutato a liberarmi di certo senso di colpa e a capire che l’energia spesa per buttarsi giù può essere reindirizzata in qualcosa di positivo come scrivere, ma anche come un abbraccio per ripartire senza sprecare tempo prezioso. Non ha cambiato il mio modo di comunicare con i miei figli perché sono sempre stato molto aperto e affettuoso con loro (come dico nel testo, per me “l’affetto non deve mancare mai”).
Nel brano c’è un crescendo emotivo senza la classica alternanza strofa-ritornello. Quanto è stata una scelta spontanea e quanto invece una costruzione intenzionale per rispecchiare la tensione emotiva del testo?
Giocavo con gli accordi con la consapevolezza di non voler usare i tasti neri, ma il crescendo è nato spontaneamente cantando, più cantavo più sentivo che dovevo andare in su e non in giù sulla tastiera. Il testo è venuto canticchiando la melodia, non lo scrivo quasi mai prima razionalmente. Volendo citare Mogol: “il testo è già contenuto nella musica”, io sono completamente d’accordo.
Nel videoclip il disordine quotidiano diventa metafora dell’amore autentico tra genitori e figli. È un’immagine che restituisce un senso di accettazione e realtà. Ti è mai capitato, nel tuo percorso di artista e genitore, di dover accettare l’imperfezione anche nella musica?
In adolescenza ero un perfezionista cronico, crescendo ho capito che non è l’atteggiamento giusto, perché non ti permette di goderti nulla. Ho sempre avuto l’abitudine di guardare il piccolo difetto e ignorare la bellezza dell’insieme. Negli ultimi anni mi sono sforzato di invertire quest’abitudine. Nella musica devo ammettere che a volte ci ricasco ancora, mi fisso su dei dettagli e dimentico che l’ascoltatore probabilmente non si focalizzerà così tanto su un piccolo particolare. Come genitore, trovo che i bambini siano perfetti nella loro spontaneità e gioiosa vitalità, con loro è facile non vedere difetti per me.
Scrivere e cantare una canzone come questa richiede una certa dose di vulnerabilità. Hai mai avuto il timore che mostrarti così sinceramente potesse esporti troppo, come artista e come persona?
Non ho mai avuto paura di mostrarmi vulnerabile, ho sempre pensato che le nostre vulnerabilità siano parte della bellezza umana, in quanto ci consentono di avere momenti di riflessione e di slancio per evolvere. Il mio timore è più legato al fatto di poter ricevere attacchi gratuiti da leoni da tastiera su qualcosa di personale e a cui tengo così tanto come i miei figli.
Nel brano c’è un passaggio dal “te” al “voi”, che rispecchia il tuo percorso personale da padre di uno a padre di due. Se tra qualche anno riascolterai “Vi Voglio Bene”, cosa pensi che ti racconterà di te stesso in questo momento della tua vita?
Mi racconterà della bellezza di essere padre, nonostante le difficoltà quotidiane, soprattutto nei momenti di tensione, quando i figli vogliono affermare la loro identità, attraverso quello che per noi è un “capriccio” e tu genitore sei in bilico tra il voler essere comprensivo e amorevole e dover far rispettare determinati confini, dal non fargli mangiare “schifezze” prima di cena a non consentirgli di guardare i cartoni animati per troppo tempo.
Se i tuoi figli un giorno dovessero rispondere a questa canzone con una loro canzone, come te la immagini?
Già se rispondessero con una canzone sarebbe bellissimo. Devo dire che entrambi hanno una grande passione per la musica: il grande, 6 anni da poco, è un fan dei Beatles, dei Pink Floyd e di tante altre rock band; il piccolo, 2 anni, canta sempre. Se dovessi pensare ad un titolo della canzone, mi piacerebbe “Grazie”. Perché la gratitudine è la cosa più bella che puoi mostrare a chi ti ha regalato un gesto…ed è gratis!
Grazie mille per questo spazio e per le domande interessanti!