Il nuovo singolo “Scusa se ti voglio amare” di Unico è una riflessione sull’amore che resta, anche quando la relazione si interrompe. Due persone possono smettere di camminare insieme, ma continuare a sentirsi parte l’una dell’altra. Il suono della chitarra classica rappresenta la dolcezza del passato, mentre la chitarra elettrica – che potrebbe sembrare carica di rabbia – diventa invece uno spazio di sollievo.
La batteria scandisce i momenti come pensieri messi in fila, in un dialogo interiore sospeso tra ciò che è stato e ciò che sarà.
Unico esplora quel momento fragile in cui ci si sceglie, per potersi eventualmente scegliere di nuovo. Amare sé stessi, senza smettere di amare l’altro.
“Scusa se ti voglio amare” è una frase che suona fragile e potente allo stesso tempo. Da dove nasce davvero questo titolo?
Ai giorni nostri è davvero difficile trovare una persona con cui poter avere un rapporto bilanciato. Spesso ci si ritrova a spendere il proprio tempo e le proprie energie per una persona che farebbe a meno di noi, fino a che la vittima si trasforma in un colpevole. Colpevole di dare amore. Chiedere scusa per amare qualcuno può risultare un po’ ambiguo, Il titolo nasce per ricordarci che noi siamo in grado di amare un po’ di più rispetto ad altri.
Il connubio perfetto tra la fragilità e potenza delle parole risulta un ottimo mix per poter raccontare le proprie fragilità e allo stesso tempo dare luce al pregio di poter rendere magico e unico il nostro “modello” di amore.
Hai detto che la canzone è nata di getto, in venti minuti. Ti capita spesso di scrivere in questo modo, oppure è stata un’eccezione?
Non sempre mi capita di scrivere in così poco tempo. Personalmente posso affermare che, al contrario di come pensavo, quando scrivo di getto spesso e volentieri le canzoni risultano quelle che preferisco di più. Credo che siano una combo di eventi, emozioni, sensazioni, luoghi, energie, che, una volta che si allineano, fanno “scattare” un meccanismo emotivo (di cui non saprei dare una spiegazione precisa) che ti fa scrivere di continuo. Nella mia mente si apre un cassetto pieno di parole e le mie mani scrivono da sole. In quei momenti lì io divento lo spettatore di me stesso e smetto attivamente di pensare. È una sensazione molto strana; un po’ come quella dello sfogo emotivo.
Ci sono brani che richiedono un po’ più di attenzione e magari impiego più tempo proprio per la particolarità del testo, della melodia e/o armonia.
Il brano racconta un amore che resiste anche oltre la fine della relazione. Ti è mai capitato di vivere un legame che non riusciva a spezzarsi del tutto?
Faccio fatica a slegarmi da una persona. Quando mi affeziono ci metto tutto me stesso per rendere felice la persona che amo. La fase d’innamoramento credo sia la più tosta dell’amore stesso. In passato mi sono innamorato e anche tanto, senza però avere un ricambio dall’altra parte. Ci sono poi legami che purtroppo non funzionano perché si danno altre priorità anziché crescere assieme. Distaccarsi da una persona personalmente è molto difficile, ma una volta che accade è difficile ritornare indietro, se non in maniera diversa ritrovandoci con il riflesso di una parte di noi che fa parte del passato.
Credo che ogni persona che fa parte della nostra cerchia ristretta di vita (in particolare l’anima gemella), rappresentano a tratti il riflesso di noi stessi.
C’è un equilibrio delicato tra chitarre, batteria e il suono di Nettuno in sottofondo. Quanto ti somiglia, oggi, questo mix di suoni e stati d’animo?
Il mio strumento principale in realtà è il Pianoforte, ma sono una persona a cui piace scoprire nuovi lati di sé. Le chitarre per me rappresentano la dolcezza di un racconto, la batteria si trasforma in un evidenziatore di un concetto. E il suono di Nettuno? Amo l’astronomia. Quando si dice che noi siamo fatti della stessa sostanza degli elementi dell’Universo, credo che non sia una frase fatta, ma una realtà bella e buona. Le frequenze di Nettuno (catturate e trasformate in suono), risultavano molto delicate e potenti, proprio come “scusa se ti voglio amare”.
In fondo, mettere sé stessi al primo posto è davvero una forma d’amore. Cosa hai imparato da questa storia che hai raccontato?
Nella vita ho imparato che qualunque cosa accada, bisogna lasciare la propria impronta alle persone, perché è bello far sapere che esistiamo e che siamo utili a qualcosa. Anche se ci sono relazioni che vanno male, in fondo noi lasceremo qualcosa a loro e loro lasceranno qualcosa a noi che ci faranno capire nuove cose e di conseguenza impareremo a prendere nuove scelte di vita, anche se è un po’ azzardato parlare di scelte quando il cuore comanda e l’amore trionfa. Secondo me bisogna accogliere ogni occasione di vita: sia positiva che negativa, perché in entrambi i casi noi abbiamo la responsabilità della nostra evoluzione emotiva e relazionale. Ho imparato che noi siamo un po’ come le frequenze: ci sono alti e bassi, persone che incontriamo senza volerlo e altre persone che cerchiamo di far entrare nella nostra vita senza successo. Lasciar fluire l’ordine degli eventi è la soluzione per essere in pace con sé stessi, richiamando comunque l’attenzione della strada che si sta percorrendo per capire se c’è qualcosa da cambiare e poter “intervenire” per correggere la propria rotta.