I Radio Lausberg raccontano “Akusticose Elettriche”

Radio Lausberg è un progetto musicale etnico-folk popolare che nasce nel 2015 dal recupero della tradizione musicale calabro-lucana dell’Area Lausberg (da qui il nome) e dalla volontà di esprimerla in chiave contemporanea, in una continua contaminazione stilistica e linguistica. Dal 2018 fino al 2021 sono stati sotto la guida attenta di Enrico “Erriquez” Greppi, voce leader della Bandabardò. Finaz (co-fondatore e chitarrista della Bandabardò) nel 2022 eredita il testimone che lo porta ad essere il loro nuovo produttore di quest’ultimo lavoro.

Dall’imprinting di matrice etnica e popolare, la band ha saputo estrarre un cantautorato intimo, diretto e figlio di un mondo quasi perduto. Come dicono loro stessi “l’idea di rivalutare il patrimonio linguistico e musicale nell’atmosfera tipica della nostra area geografica, di quella che amiamo definire “terra di mezzo”, è lo scopo principale della nostra musica e dei nostri concerti dal vivo”.

Questo è ciò che fonda i Radio Lausberg e che rende il loro suono unico ed originale.

La band è composta da Giuseppe Oliveto (voce, organetto, fisarmonica, piano), Carmelo Ciminelli (fisarmonica, zampogna), Diego Soda (chitarra battente, chitarra elettrica e mandolino), Marco Ielpo, (chitarra classica) Pasquale Ferrara (basso e contrabbasso) e Corrado Aloise (batteria e percussioni).

“È Viva l’Italia” dipinge un paese in cui si tende ad accettare passivamente problemi enormi, dall’abusivismo alla corruzione, con una sorta di rassegnazione. Pensate che la musica abbia ancora la forza di scuotere le coscienze o ormai viviamo in un’epoca di anestesia culturale?
Non solo lo pensiamo, crediamo fortemente che l’arte, la musica, le canzoni e gli artisti debbano sentire e avere l’obbligo morale di trattare tematiche scomode, soprattutto oggi. C’è bisogno di veri valori, di verità, la musica può smuovere coscienze, può insegnare il bello, basta avere coraggio.

“Alexa” propone una storia surreale ma estremamente attuale. Vi siete mai chiesti quanto siamo già, inconsapevolmente, dipendenti dalla tecnologia? Avete esperienze personali in cui la tecnologia ha preso il sopravvento nella vostra quotidianità?
Esperienze personali particolari no, se non quelle che viviamo un po’ tutti giornalmente nel rapporto con le tecnologie. Alexa è sicuramente un brano che deve farci riflettere, tutto può essere utile se usato con responsabilità, spesso oggi confondiamo il vero dal virtuale, dobbiamo stare molto attenti.

“Cuore di pietra” è un grido contro l’indifferenza e la violenza, un invito a riscoprire la nostra umanità. Secondo voi, oggi è più difficile commuoversi e lasciarsi toccare dalla sofferenza degli altri? L’arte può ancora essere uno strumento per ricostruire empatia?
Siamo sempre più connessi ma distratti, vicini ma lontani, presenti ma infelici. Dobbiamo riassaporare, riscoprire la bellezza delle piccole cose, la musica, l’arte possono certamente rieducare in tal senso, e quindi essere ottimi strumenti per ricostruire empatia.

“Cada mundo es un país” ha un respiro internazionale e un messaggio di fratellanza. Quanto è importante per voi sentirvi cittadini del mondo? Ci sono viaggi, incontri o esperienze che hanno particolarmente influenzato la vostra musica?
E’ molto importante, la musica abbatte barriere e oltrepassa ogni confine, il brano nasce proprio dalle esperienze vissute in giro per il mondo, soprattutto le tournée americane, canadesi. Non c’è niente di più bello che conoscere ed abbracciare nuove culture. In fondo Cada mundo es un país.

La vostra musica si muove su più livelli: c’è la critica sociale, ma anche la voglia di speranza e leggerezza. Come si fa a mantenere questo equilibrio senza cedere né al pessimismo né alla superficialità? C’è una linea sottile tra ironia e denuncia?
Si fa cercando di non far prevalere punti di vista, guardando le cose con occhi sinceri, essere un po’ bambini con consapevolezze mature. Essere sé stessi è la chiave migliore.

“E mi hai detto” parla del coraggio di seguire i propri sogni senza farsi condizionare dai giudizi esterni. Qual è stato il momento più difficile nella vostra carriera musicale? E cosa vi ha spinto ad andare avanti?
Ce ne sono stati, fare musica in Italia non è così semplice. Le ragioni sono tante e tutte abbastanza note. Bisogna avere tanta pazienza e tanta perseveranza. Tutto può accadere se veramente lo desideriamo. L’importante è creare le condizioni per meritarlo, allora tutto diventa più gustoso.

Il vostro disco si muove tra generi diversi, dalle radici folk a incursioni più rock ed elettroniche. C’è un genere che sentite più vicino alla vostra identità o vi piace l’idea di continuare a sperimentare senza etichette?
Sicuramente la seconda, la musica come la vita cambia in continuazione, tutto cambia. Restare fermi, sarebbe perdere la capacità d’osservazione, cosa che un musicista non deve e non può permettersi. Mantenere un’identità è fondamentale, sapersi nella stessa reinventare è necessario.