Antonio Capolupo, noto semplicemente come Capolupo, è un artista poliedrico che ha saputo reinventarsi nel corso della sua carriera. Dal successo con gli Estranea, band pop/rock con cui ha vinto il prestigioso trofeo Roxy Bar, alle esperienze con il duo acustico Milagro, Capolupo ha esplorato molteplici linguaggi musicali, dimostrando una sensibilità artistica unica. Con il suo progetto solista, inaugurato dall’album Tra i miei disordini, si spinge oltre, abbracciando una narrazione intima e riflessiva. Questo esordio, accolto con entusiasmo da critica e pubblico, conferma la maturità di un cantautore che trasforma il caos interiore in poesia e armonia, regalando brani che risuonano autentici e universali.
Benvenuto. Hai descritto il disco “Tra i miei disordini” come “un dono inaspettato” che ti ha salvato. Qual è stata la prima canzone che hai scritto per questo progetto e come ha influenzato la direzione dell’intero album? Il primo brano che ho composto è stato “In questo inutile sabato sera” in cui ho intrecciato aspetti che riguardano il quotidiano a suggestioni emotive. Connubio che ho riproposto con continuità all’interno dell’album.
La parola “disordine” ha tante sfaccettature: dalla confusione interiore all’esplorazione creativa. C’è un momento del processo creativo in cui hai sentito che il tuo disordine diventava armonia? Scrivere una canzone ha da sempre rappresentato per me l’opportunità per cavalcare un certo tipo di disordine fino a riscattare le emozioni più dolorose in armonia, in particolare in questo concept album in cui le canzoni sono tutte legate da un filo invisibile l’una all’altra.
Il titolo di “Due proiettili” è potente e immediato. Ci puoi raccontare cosa rappresentano per te questi ‘proiettili’ e come sei arrivato a sceglierlo per il brano? I proiettili sono chiaramente una metafora, per esprimere l’instabilità e la confusione che viviamo oggi, subordinati ad una politica spesso ego riferita ed una informazione ambigua. Nel testo una frase si conclude con “Due proiettili”, mi è parso il titolo ideale per rappresentare tutto il senso del brano.
Guarda il videoclip di “Un’altra volta“
https://youtu.be/VKC6RPhqpek?si=JwBsO30ODfnUdD1h
Nel disco parli del rapporto con gli affetti più cari, ma anche di perdite e mancanze. Come hai trovato il giusto equilibrio tra questi poli opposti nel raccontarti senza risultare troppo intimo o distante?
Sono entrambi pezzi di vita complementari l’uno all’altro, ma per trattare questi aspetti così personali mi sono approcciato senza filtri all’emotività, prendendomi forse il rischio calcolato di rendere l’album estremamente intimo, e senza dubbio autentico.
La voce, in un disco così intimo, diventa quasi un confessionale. Come hai lavorato sulla tua interpretazione vocale per rendere autentiche e credibili le emozioni che volevi comunicare?
Mi sono affidato completamente all’istinto cercando di tradurre con l’interpretazione le immagini e le emozioni suscitate dal brano, a volte con frasi sussurrate in punta di piedi a volte con più irruenza ed energia.
Guardando alla tua carriera fino a oggi, cosa significa per te questo esordio da solista rispetto ai progetti con gli Estranea o con i Milagro? È una sintesi o un nuovo inizio?
Entrambe le cose, da una parte ho portato con me dentro le canzoni le esperienze del passato conservando aspetti artistici dai quali non posso prescindere. Dall’altra è un nuovo inizio a tutti gli effetti, in cui cantare è senza dubbio la novità più significativa.