Cinque brani, cinque mondi interiori. Zelda Mab torna con un lavoro che mescola sinfonie epiche, elettronica e visioni oniriche. “Del vento e del mare” è un viaggio tra abissi emotivi e rinascita, dove la musica si fa specchio, rito e rivoluzione personale. Un’opera intensa, fragile, libera.

Che cosa rappresenta per te l’EP Del Vento e del Mare nel tuo percorso musicale e personale?
Del Vento e del Mare rappresenta un punto di svolta nel mio percorso artistico e personale. È il momento in cui ho acquisito piena padronanza del mio linguaggio espressivo e consapevolezza del mio suono. Dopo questo secondo EP, sento di avere una rotta chiara da seguire per i brani futuri. Anche dal punto di vista tecnico ho fatto un salto di qualità, grazie ai tanti professionisti che mi sono stati accanto in questi anni: ognuno di loro, anche indirettamente, ha lasciato un’impronta, contribuendo a far emergere un suono sempre più definito e autentico. A livello personale, è stato un processo di guarigione. Ho lasciato andare ferite passate, raggiungendo uno stato di accettazione ed equilibrio che mi ha permesso di concludere questo viaggio e iniziarne uno nuovo, a un altro livello.
Il tuo stile unisce orchestrazioni epiche a sonorità elettroniche e rock. Come nasce questa commistione?
In questo EP ho voluto mettere in gioco tutto ciò che avevo dentro, lasciando spazio a ogni mia sfumatura. È un lavoro che racchiude l’intero mio vissuto musicale: dalla musica classica al rock, dal punk al rock psichedelico, fino all’elettronica. Ogni traccia è una sintesi dei generi, delle tecniche e delle atmosfere che mi hanno formata. Ho riversato in cinque brani tutto ciò che ho imparato in questi anni, creando un ponte tra il mio passato artistico e ciò che sto diventando.
Nel brano Blu Cobalto esplori abissi interiori. Qual è stato il punto di partenza emotivo di quella canzone?
Più che il punto di partenza, in Blu Cobalto è importante il punto di arrivo. Il brano pone domande sul presente, su ciò che siamo rispetto a quello che abbiamo fatto per diventarlo. È come se una chiamata arrivasse da un luogo ignoto: non si sa bene il perché, ma ci costringe a guardarci dentro e a fare i conti con chi siamo diventati. È una resa dei conti interiore, una sorta di risveglio emotivo.
Quanto ti ha influenzato il tuo vissuto visivo e artistico nella costruzione delle atmosfere sonore?
Tutto quello che sono oggi è il risultato – e l’evoluzione – di ciò che ho vissuto e studiato. L’università di design, gli studi di musica classica, le influenze del rock, del punk, del desert rock, della psichedelia elettronica… Ogni esperienza è stata un tassello fondamentale nella costruzione dell’identità di Zelda Mab e nella realizzazione di questo EP. La componente visiva ha sempre giocato un ruolo centrale nella mia creatività, anche nel modo in cui immagino e costruisco i suoni.
Nel tuo futuro artistico ti immagini più legata al concept album, al singolo o a nuove sperimentazioni?
Sono uno spirito in continua evoluzione, quindi l’idea di “legarmi” a qualcosa mi è difficile da concepire. Preferisco pensare alla musica come a uno spazio dove sto bene, dove posso esprimermi in piena libertà. Detto ciò, nel futuro prossimo immagino una serie di singoli, prima di tornare a ragionare in termini di EP o magari di un album. Ma, come ho detto prima, tutto è in continuo mutamento. Seguo il flusso.
A chi dedichi questo EP e cosa speri che il pubblico colga da ogni traccia?
Dedico Del Vento e del Mare a Dio e alle “Ragazze del Quarto piano”, che mi hanno accompagnata durante l’anno più strano, solitario e buio della mia vita: l’anno in cui stavo completando l’EP. Faccio musica per stare bene, per sciogliere nodi interiori. Se chi ascolta riesce a ricevere anche solo una piccola parte di quello che Del Vento e del Mare ha dato a me, allora posso dire di aver vinto.







