“Il Diavolo e L’Acqua Santa”: Christian Frosio tra introspezione e critica sociale

Christian Frosio mette insieme nove tracce scritte, arrangiate e suonate con un controllo totale. Il Diavolo e l’Acqua Santa alterna introspezione e critica sociale, restando coerente nel tono e nella visione. La produzione è pulita, l’arrangiamento orchestrale si fonde con il pop-rock senza eccessi. Niente fronzoli, né melodrammi: solo contenuti, posizioni chiare, e la volontà di raccontare ciò che spesso resta fuori dal mainstream. Un album che non cerca effetti speciali, ma ha ben chiaro cosa vuole dire.

In “Tutto al posto giusto” dai voce a un cittadino indottrinato. Cosa ti ha spinto a scrivere da quella prospettiva?

Volevo descrivere la dissonanza cognitiva di cui è affetta gran parte della società odierna plasmata dalla pressione della propaganda. Questo cittadino indottrinato, “elevato e giusto”, diventa esecutore egli stesso delle politiche di controllo sociale scagliandosi contro il suo vicino. Facci caso, i conflitti sono sempre orizzontali e mai verticali dal basso in alto.

Viviamo in una società sempre più Orwelliana, solo che nel libro 1984, chi legge si pone inevitabilmente dalla parte di chi è vessato, quindi contro la maggioranza delle persone che sembra aver perso qualsiasi capacità di discernimento logico. Peccato che nella realtà funziona esattamente il contrario.

Che responsabilità credi abbia oggi chi fa informazione?

Sono responsabili al pari di un cecchino che imbraccia un fucile per sparare ad un bambino di Gaza. L’informazione odierna, così come gli artisti, oggi funge largamente da cane da guardia del potere di turno smettendo di incalzare la politica che si sente così autorizzata a non rendere conto all’opinione pubblica. Spesso lo fa con atteggiamenti di autocensura: per paura di dire, non si dice. Siamo nell’anticamera di nuove forme di totalitarismo, meno sfacciate ma forse ancora più pericolose rispetto ai regimi passati perchè la propaganda è entrata a plasmare in profondità le menti delle persone. Ricorda cosa diceva Pasolini a proposito del “fascismo dei consumi”. Oggi siamo nell’era del “fascismo delle idee”.

In più brani c’è un senso di opposizione al pensiero unico. Hai mai avuto paura di risultare divisivo?

Se affermare una vera pluralità per una reale democrazia e dialettica, se ricercare la verità attraverso il dubbio è divisivo, allora accetto di buon grado di essere divisivo. In realtà io vedo in questo pensiero unico fintamente inclusivo un aspetto divisivo, perchè bolla attraverso le etichette (nuovo strumento della dialettica mediatica odierna) chi si pone in posizione anche solo interrogativa verso quelli che sono dogmi a cui aderire in maniera fideistica. Il risultato è che da un lato ci sono gli illuminati, dall’altro i reietti trogloditi. Ecco a me non spaventa di essere parte di questi ultimi se è il prezzo da pagare per rispettare le proprie idee.

Quanto è difficile veicolare un messaggio sociale in musica senza risultare didascalici?

Non la pongo in termini di difficoltà ma di estetica legata alla canzone. Dipende da quali premesse parti. Io parto dall’idea che la canzone a sfondo sociale non debba essere didascalica, perché c’è già una certa informazione che svolge questo ruolo. La musica deve muoversi quindi su altri piani per scuotere realmente le coscienze. Poi una canzone, come “Dimmi che c’è che non va”, può risultare molto schietta e senza mezzi termini ma comunque non didascalica nell’esprimere un concetto o argomento.

“Svegliati!” è uno dei pezzi più diretti: è nato anche da frustrazione personale?

Tutto quello che canto nel disco nasce da una prospettiva personale di relazione se vuoi problematica con le pieghe della società in cui vivo. In Svegliati mi schiero contro quel comparto mediatico che eleva la “scienza” (quale?) al di sopra di tutte le scelte individuali e delle coscienze. Per cui o aderisci oppure sei considerato uno scarto. Io credo nella coscienza individuale che guida le scelte. Durante la pandemia abbiamo visto a che punto di violenza si è arrivati spaccando in due la società: dall’amiamoci tutti dai balconi allo spariamoci a vista è stato un attimo.