The Ghibertins dopo quattro tornano con un nuovo singolo “Numbers”

Un nuovo capitolo per i The Ghibertins che dopo quattro anni di assenza tornano con un nuovo singolo, la canzone “Numbers“, disponibile su tutti gli store digitali da venerdì 14 marzo 2025.

Un approccio decisamente diverso dalle dinamiche dello streaming e di un mercato musicale sempre più veloce. Li abbiamo intervistati.

The ghibertins

Dal momento che siete attivi da molto tempo, come avete preso il sempre più importante ruolo dei social e delle dinamiche di distribuzione, nel settore musicale?

Sicuramente negli anni abbiamo cambiato profondamente il modo di fare e promuovere musica. I social sono imprescindibili, e oggi non basta più creare canzoni: bisogna saperle raccontare. Per noi, i social sono un’opportunità per entrare in connessione diretta con chi ci ascolta, ma richiedono anche di adattare la comunicazione ai formati che funzionano meglio. Questo approccio ci permette di far conoscere il nostro lato più personale e di sperimentare con contenuti che risuonino anche oltre la musica. Questo però non è per nulla facile, e a volte vorremmo semplicemente suonare e basta.

Il vostro approccio non tanto nel fare musica, ma nel promuovere la musica, è mai cambiato? Dopo che avete pubblicato un brano, che cosa succede? E che cosa dovreste fare per farlo vivere a lungo?

Assolutamente sì. Un tempo si pensava che pubblicare un brano fosse il traguardo, oggi è solo l’inizio. Ogni uscita deve essere accompagnata da una strategia di comunicazione che parte ben prima della release e continua molto dopo. Con “The Life & Death of John Doe” abbiamo raccontato la storia del personaggio, condividendo istantanee della sua vita sui social per far vivere il disco oltre la musica. Per dare lunga vita a un brano, è fondamentale creare una narrativa attorno, stimolare il pubblico e farlo sentire parte del progetto.

E secondo la vostra esperienza, all’estero funziona in maniera diversa? Come avete agito in passato, per la vostra promozione all’estero? È un mercato a cui puntate tutt’ora?

L’estero è una sfida complessa, ma anche un obiettivo fondamentale. All’estero abbiamo trovato un pubblico più ricettivo per il nostro sound, influenzato dall’Indie e Alternative Rock di matrice anglosassone. In Svizzera, ad esempio, ci siamo sempre sentiti a casa, complice anche la doppia nazionalità di Alessio. Portare la nostra musica fuori dall’Italia è un investimento a lungo termine, e continuiamo a lavorare per consolidare la nostra presenza.

Rock e critica sociale, connubio che forse vediamo in “Numbers”, è qualcosa che funziona ancora?

Crediamo che il rock sia ancora un veicolo potente per esprimere idee e affrontare temi importanti. “Numbers” esplora il conflitto tra autenticità e conformismo, quella sensazione di essere ridotti a numeri e metriche. “I’m just a number and I think I like it” è una provocazione che punta il dito contro un sistema che premia il successo misurabile e soffoca il talento autentico. In un mondo dove spesso contano più le metriche che l’arte stessa, per noi il rock rimane un linguaggio di resistenza.

Avete mai valutato l’idea di un talent? Cosa vi ha fatto desistere?

Non abbiamo mai preso in considerazione l’idea di partecipare a un talent show. Rispettiamo chi lo fa, ma per noi il percorso artistico è stato diverso.Sono senz’altro un’opportunità, che però non abbiamo mai visto in linea con il nostro progetto.

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