Tra l’Italia e il Belgio, tra palchi affollati e serate per pochi intimi, Napodano ha costruito una carriera lontana dai riflettori del mainstream, ma vicinissima alla sostanza delle cose. Cantautore dalla penna affilata e dall’ironia tagliente, racconta con leggerezza temi che leggeri non sono affatto: la mediocrità travestita da critica, la ricerca di autenticità in un mercato saturo di plastica, il valore della musica quando il successo diventa solo una questione di numeri. In questa intervista, ci parla del suo nuovo singolo provocatoriamente intitolato “Niente di speciale”, del disco in arrivo e di come, a volte, basti voltarsi e fare il gesto dell’ombrello per riconquistare la libertà di essere se stessi.

Niente di Speciale” è un titolo che suona quasi provocatorio. È una dichiarazione ironica o una presa di posizione contro certe aspettative?
No, è proprio provocatorio!! In effetti è una canzone d’amore, anche se ben mascherata da colonna sonora di film country-western. È una critica all’apparenza, è la risposta acida che vorremmo dare (o che diamo, ma meno spesso) a quelli che muovono critiche dettate soltanto da criteri inconsistenti. Molte volte sono proprio le persone che meno avrebbero diritto di parlare che si arrogano il diritto di farlo, solo che anche se sono ben conscio che la pazienza è la virtù dei forti e non bisognerebbe scendere al livello di chi parla a sproposito, sono leggermente sovrappeso e fare movimento scendendo di qualche livello, rispondere e poi risalire al mio, fa bene al mio corpo e al mio spirito.
Nel comunicato affermi che non ami le dichiarazioni d’amore troppo sdolcinate. Quanto è difficile oggi, nel panorama musicale, rimanere autentici senza cadere nei cliché?
Personalmente è un problema che mi tocca molto da lontano perché nel panorama musicale di oggi ci sono solo cose mainstream, cavie da talent e figli (nipoti, fidanzati, amanti…) d’arte, quindi a me che orbito nella periferia del suddetto panorama, è concesso dire e cantare di quello che mi pare. No, non amo le dichiarazioni sdolcinate perché se le facessi, toglierei lavoro alle centinaia di impiegati che scrivono le frasi per i “Baci Perugina” e mai vorrei far esplodere tale lotta di classe!
Il tuo nuovo album si chiamerà “Storie di una sera… con poca gente”. È un riferimento alla dimensione intima della tua musica o c’è anche una critica alla frenesia del successo a tutti i costi?
La dimensione della mia musica è al momento soltanto una questione di gusto personale e di semplicità di esecuzione, ma ora che mi ci fate pensare, anche la storia della frenesia del successo ci sta bene dentro! Scherzi a parte, io faccio musica da tutta la vita e vivo di musica da decadi, sono cintura nera di gavetta da localaccio, ho suonato per le folle e per due folli, ho cantato per centinaia di persone distratte e per poche decine attentissime e senza spocchia preferisco le seconde. Io vivo già il mio sogno, col successo o senza; le sere con poca gente le metto sempre in preventivo, solo che alcune avrei voluto che non fossero mai finite.

Sei un artista che si muove tra Italia e Belgio. Come cambia la percezione della musica nei due Paesi? C’è qualcosa che l’Italia dovrebbe imparare dal Belgio, o viceversa?
Ormai non più. Fino a qualche anno fa c’era una differenza enorme a favore del Belgio ma dopo il 2020 la situazione si è molto uniformata. C’è solo una cosa da imparare ed è ricominciare a vedere la musica come una cosa seria e non come l’offerta super inflazionata di un mercato che non ne riconosce più il valore.
Guardando al tuo percorso, sei passato da brani come “Maledetti anni ’80” a un sound più essenziale e riflessivo. È stata un’evoluzione naturale o un’esigenza precisa?
Diciamo che la necessità fa virtù: a me non piace suonare con le sequenze, non piace più la roba artificiale, ho paura dell’intelligenza artificiale e ancora di più della stupidità naturale. Portare in giro un concerto con gli stessi quattro strumenti utilizzati in fase di registrazione, con pochi musicisti e io e che canto e suono è estremamente più facile, meno dispendioso e logisticamente meno stressante. Ora potrei anche tirar fuori mille giustificazioni sull’estetica sonora e sull’evoluzione artistica ma sarei ipocrita e bugiardo!!!
Se dovessi descrivere il tuo nuovo singolo con una sola immagine, quale sarebbe?
Una persona di spalle che fa il gesto dell’ombrello ad un gruppo variegato di gente davanti a lui e con un po’ di fantasia, anche se la persona è di spalle, sappiamo che ha un sorriso beffardo!