Asa’s Mezzanine – Rest And Fight: un labirinto sonoro tra istinto e controllo

Ci sono dischi che si ascoltano e dischi che si vivono. Rest And Fight degli Asa’s Mezzanine appartiene alla seconda categoria: non è un semplice album, ma un’esperienza totalizzante, un’esplorazione degli opposti che convivono in ogni frammento della nostra esistenza. È un lavoro strumentale che si muove tra tensione e rilascio, tra strutture geometriche e improvvisazione istintiva, tra la furia del suono e la contemplazione del silenzio.

Ascoltare questo disco è come attraversare un labirinto sonoro in cui ogni brano è una porta che conduce a un paesaggio diverso, ma parte dello stesso universo. Non ci sono percorsi giusti o sbagliati: si entra, ci si perde e si emerge con una nuova consapevolezza.

L’apertura è affidata a Janara, un brano che sembra sospeso tra sogno e incubo. Il sintetizzatore pulsa come un battito cardiaco rallentato, avvolgendo l’ascoltatore in un’atmosfera ipnotica e viscerale. È un pezzo che respira, che accoglie ma non rassicura, perché la sua dolcezza ha un retrogusto inquietante.

Segue Madley, che si muove tra passato e futuro con la leggerezza di un ricordo sfocato. Qui la band gioca con le dinamiche: arpeggi limpidi si intrecciano con distorsioni taglienti, creando un contrasto tra nostalgia e urgenza. È un brano che ci parla di crescita, di trasformazione, di quel fragile equilibrio tra ciò che siamo stati e ciò che vogliamo diventare.

Con Kind (Of) Violence l’atmosfera si fa più tesa: la traccia si insinua lentamente, quasi in punta di piedi, per poi frantumarsi in un’esplosione di suono. Qui gli Asa’s Mezzanine mostrano tutta la loro capacità di costruire tensione: il brano è un continuo gioco tra delicatezza e brutalità, tra la carezza di una melodia e il colpo secco di un riff distorto.

In Squared Circle il caos diventa metodo. Le poliritmie spingono il brano in direzioni imprevedibili, creando un effetto ipnotico che sfida la percezione del tempo. Non c’è un vero punto di riferimento: il pezzo si avvolge su se stesso, si sgretola e si ricompone in forme sempre nuove, come un’architettura sonora impossibile.

Se c’è un brano che racchiude l’essenza di Rest And Fight, è proprio la title track. Qui il concetto di dualismo esplode in tutta la sua forza: la composizione si muove tra momenti di apnea e accelerazioni improvvise, tra costruzione e distruzione. È un pezzo che respira e pulsa, che cresce in intensità fino a raggiungere un climax inaspettato. È il punto di equilibrio precario su cui si regge tutto il disco, l’essenza stessa della tensione tra riposo e battaglia.

A chiudere il viaggio c’è Miss Lead, un brano che gioca con la percezione. Sembra diretto, quasi minimale, ma nasconde una complessità strutturale che si svela solo con il tempo. È un addio enigmatico, un’ultima porta che si apre verso l’ignoto, lasciando un senso di sospensione.