Da una parte c’è angelae e dall’altra Angela Zanonato. Come convive la tua identità artistica con quella di tutti i giorni?
A fatica, come convivono tutte le mie parti. Sto facendo un grande lavoro per far convivere armoniosamente tutte le mie contraddizioni e “identità” ma è un percorso ancora lungo, per ora vivo con un costante senso di colpa che serpeggia durante le mie giornate, qualsiasi cosa io stia facendo. Lo tengo a bada ma l’unico momento in cui si silenzia è quando sono sul palco.
C’è qualche progetto, italiano o internazionale, che come genere o stile senti particolarmente vicino al tuo?
Trovo delle affinità con il progetto di Ginevra la cui musica ha una grande gusto e molta delicatezza nel mischiare l’indie con l’elettronica.
Che cosa ti auguri che resti a chi ascolterà “Niente di speciale”?
La pacatezza inesorabile del synth che accompagna tutto il brano, mi sembra il suono della vita che scorre, va avanti, muta ma c’è sempre.
In questo pezzo si parla di una grande voglia di rinascita. Quando è stata l’ultima volta che ti sei sentita “rinata”?
In questo periodo sento che sto lentamente rinascendo, un giorno alla volta, mi riscopro resiliente, non particolarmente positiva o fiduciosa ma sicuramente consapevole. Forse è importante che la vita sia questo, che i giorni normali siano accolti per quello che sono, senza l’aspettativa di creare qualcosa di speciale ogni giorno, essere i migliori, vincere. Accettare le giornate passare, la vita scorrere con anche la morte che ne fa irrimediabilmente parte.
Qual è l’elemento che non dovrebbe mai mancare in un pezzo che porta la tua firma?
Un’immagine forte che si riferisce sempre, per me, ad una dimensione corporea e sensoriale. In Niente di speciale è sicuramente la morte.