Ciao Mimmo. Ci sono stati tanti artisti che da un sound prettamente acustico sono stati poi folgorati sulla via del rock. Mi sembra che tu abbia avuto un processo inverso, almeno per quanto riguarda il live.
“Già…per la dimensione live è proprio così. Ho cominciato con le band suonando il rock con l’elettrica, negli anni 90. A distanza di tempo dentro di me si era fatta strada la vena malinconica di un cantastorie che voleva soprattutto raccontare. Quindi la chitarra elettrica ha lasciato spazio all’acustica e i concerti rock “full band” a quelli unplugged in trio o, come ormai mi succede da anni, completamente da solo (chitarra e armonica). Sono passato dall’energia del suono distorto e delle batterie martellanti all’atmosfera tranquilla e suggestiva del folk acustico. Un modo per evidenziare maggiormente le parole e il cantato rispetto alla musica.”
Raccontaci del periodo in cui ti esibivi in trio.
“Mi ero trasferito a Treviso ormai da anni e avevo voglia di suonare e fare ascoltare le mie canzoni. Ripresi i miei vecchi brani e ne scrissi di nuovi (come “Oh Jane”). Accadde tutto un po’ casualmente. Conobbi due ragazzi che suonavano: Francesco alla chitarra ed Erik al violoncello. Così, intorno al 2008, formammo un trio (io ero alla voce, chitarra e armonica), e il repertorio era formato solo dalle mie canzoni.
Dopo tanto tempo passato a provare finalmente iniziammo a fare i primi concerti. Pochi ci conoscevano e non avevamo nessuna spinta mediatica, il nostro pubblico era formato essenzialmente da amici.
Suonammo nei posti più diversi: case di cura, palestre scolastiche, oratori, teatrini parrocchiali, fino a dei live improvvisati all’aperto nei parchi. A volte si univa anche una ragazza con i bonghi.
Fu una bella e formante esperienza di musica e di amicizia. Nel 2014 ci sciogliemmo e l’anno successivo entrai in sala di registrazione ad incidere il primo album, dove, tra gli altri, c’hanno suonato anche Francesco ed Erik. Ne uscì fuori un album marcatamente folk. I successivi, pur mantenendo una certa vena folk, avrebbero avuto un sound più pop-rock e un arrangiamento più ricco.”
Negli ultimi anni hai tenuto concerti da solo, stile storytelling. In base a cosa decidi le canzoni da inserire nella scaletta?
“Inserisco brani che devono suonare bene con l’arrangiamento minimale di chitarra e armonica. Oltre al fatto che i testi devono essere funzionali al racconto generale. Ci deve essere un filo conduttore dalla prima all’ultima canzone.
Ad esempio “Il mitico Papillon”, che è stato pubblicato in una versione rock, nel live diventa una sorta di ballata folk in cui si parla di amicizia, di strada, di provincia…che sono tra gli elementi conduttori del mio storytelling.”
Cosa ascolti in questo periodo?
“A proposito di storytelling…ascolto molto il cantautorato americano ed è da un po’ di giorni che il mio stereo sta consumando un CD live di Ryan Adams…in unplugged.”