Anticipato dal singolo “Luce”, si intitola “La macchina del tempo” il disco con cui Rickson, alias di Cesare Capuani, fa il proprio esordio ufficiale. Dodici canzoni che appartengono a un determinato periodo della vita di Rickson, in cui ha cercato di raccontare come vede le cose che lo circondano, come percepisce le emozioni.
Tutta la pre-produzione è stata fatta nel suo studio personale (Moon studio di Badia Tedalda, Arezzo). Poi registrato, mixato e masterizzato da Daniele Marzi (batterista nei primi tour di Colombre, Francesco de Leo) nel “Marzi Recording Studio” di Riccione. Ha registrato le chitarre Adriano Capuani, le batterie Fabrizio Aiudi, con i quali suona insieme da più di dieci anni: entrambi faranno parte della band con cui suonerà dal vivo. Nelle tracce “Tutto ciò che ho” e “La macchina del tempo” ci sono le trombe e il flicorno di Enrico Lupi de La Rappresentante di Lista.
Ciao Cesare, raccontaci qualcosa di te e della tua avventura musicale fin qui
Ho avuto un bel rapporto con la musica da quando sono piccolo, in casa e in macchina grazie ai miei genitori si ascoltava sempre musica. Ho iniziato a suonare molto presto, all’età di 6 anni ma con scarsi risultati fino a quando a 13 anni ho iniziato a suonare il basso in una band.
Da quel momento ho iniziato ad approcciarmi anche alla chitarra e al pianoforte, completamente da autodidatta. Dopo vari progetti musicali ho iniziato a sentire l’esigenza di scrivere musica, ma soprattutto ero affascinato dalla produzione. Mi sono costruito uno studio musicale nel piccolo paesino di montagna dove vivo e cosi ho iniziato a scrivere e a lavorare alla produzione delle mie canzoni che sono finite in questo disco.
Come nasce l’ispirazione che ti ha portato alla realizzazione del nuovo album, “La macchina del tempo”?
Questo disco nasce dall’esigenza di creare qualcosa di mio, che mi rispecchiasse completamente a livello di atmosfere e a livello di narrazione. Prima di iniziare la produzione del disco e la scrittura dei testi avevo già ben chiara quale sarebbe stata la strada da seguire e soprattutto i suoni che volevo utilizzare. L’ispirazione è venuta piano piano negli anni, la musica che ho ascoltato e i concerti che sono andato a vedere hanno sicuramente influito sulle scelte che poi ho fatto quando ho iniziato a scrivere il disco.
Qual è il tema principale che vuoi trasmettere attraverso le tue canzoni?
In questo disco credo che il tema ricorrente sia il viaggio interiore. La ricerca di se stessi tramite l’amore, le delusioni, i rapporti personali, i momenti difficili. Mi sono scavato molto dentro per scrivere questo disco, ho pensato che fosse l’unico modo che avevo per fare musica che mi rispecchiasse. Penso che alla fine tutto si concentri sulla speranza, sulla luce in fondo al tunnel che non si spegne mai a prescindere da quali siano i problemi che ci si presentano nella vita.
Quali sono stati i maggiori ostacoli che hai incontrato durante la produzione del disco?
La scrittura di questo disco è durata molti anni, e mi sento di dire che l’ostacolo è stato soltanto capire se stavo facendo la cosa giusta a livello di sound e di scrittura, la mia domanda all’inizio era “chissà se piaceranno a qualcuno queste canzoni” in fondo sto parlando di me stesso, della mia vita perché dovrebbe interessare a qualcuno. Poi mi ricordo che ad un certo punto ho smesso di pormi domande, e ho iniziato a pensare che era giusto essere me stesso al massimo e scavarmi dentro ancora di più. Era l’unico modo per cercare di essere credibile, dire la verità e fare ciò che mi piaceva a livello musicale senza pensare se sarebbe piaciuto o meno.
In che modo la psichedelia ha influenzato il suono del tuo disco?
Sono stato sempre molto affascinato dalla psichedelia in tutti i suoi generi, a partire dagli anni 60 fino ad arrivare alla musica elettronica recente. Mi piace la musica che fa viaggiare o con i loop ma principalmente con la scelta di suoni. Mi ricordo benissimo il momento in cui per la prima volta
ho sentito “Lucy in the sky with diamonds” dei Beatles. Ero molto piccolo ma quel suono iniziale con cui parte la canzone si è stampato nella mia testa da quel momento e non se n’è più andato. Nelle mie canzoni ho cercato di utilizzare questo modo con suoni e melodie che facessero viaggiare, perché questo è quello che mi piace quando ascolto musica.
Puoi raccontarci un aneddoto interessante avvenuto durante la registrazione dell’album?
Ci sono molti aneddoti, cose particolari accadute durante le registrazioni. Uno a cui sono affezionato è capitato in studio da Daniele Marzi a Riccione dove siamo stati a registrare dopo aver fatto le pre-produzioni nel mio studio. Dopo una giornata di lavoro mentre prendevamo un caffè ho notato un Amplificatore Leslie e chiedendo a Daniele cosa fosse, mi ha detto che era un Leslie italiano degli anni ’70 ma che non funzionava e non riusciva a sistemarlo. Ho chiamato subito mio babbo che da anni si interessa di elettronica e di strumentazioni vintage che il giorno dopo è venuto a prendere l’amplificatore per poi riportarlo funzionante. Mi ricordo che appena l’abbiamo messo in funzione siamo rimasti senza parole per il suono bellissimo che usciva e l’abbiamo utilizzato per le mie voci e qualche chitarra del disco.