Nel suo futuro vede il caldo estivo di Palermo e un album in uscita, e non potevamo che intervistarlo a riguardo.
Come hai deciso di intitolare questo brano semplicemente “Una canzone”? E secondo te quali caratteristiche dovrebbe avere una canzone per essere definita tale?
Ciao e grazie per l’intervista! “Una canzone” è un pezzo che è nato di getto un pomeriggio di luglio in un parco a Berlino, con musica e parole già intarsiate insieme; il titolo altro non è che una logica conseguenza del testo e del messaggio che porta, molto semplicemente. Non credo altro titolo sarebbe stato possibile; del resto, tutto può essere una canzone: l’importante è che porti in dote una musicalità, un messaggio e un’emozione.
Hai voglia di portarci all’interno del tuo bilocale? È qui che sono nati tutti i pezzi del tuo nuovo disco in uscita?
In realtà, il grosso dei pezzi è nato durante una permanenza di un mese fuori a Berlino; nei fatti, solo tre dei dodici pezzi dell’album sono nati dentro il “bilocale” del titolo. L’appartamento in questione è non più a mia disposizione (l’ho lasciato quando mi sono trasferito da Barcellona per tornare in Sicilia), il concept è più un riferimento al “bilocale dell’animo”, un posto dove poter essere se stessi senza paura di essere giudicati e dove potersi sentire, per l’appunto, indipendenti come in una Repubblica a nostra immagine e somiglianza, da cui il titolo dell’album.
E che ruolo ha e ha avuto l’elettronica per il tuo percorso di formazione musicale? E in particolare adesso, quanto è importante l’elettronica, anche nei tuoi ascolti?
L’elettronica, come dico sempre, è per me una piacevole scappatoia dalle solite sonorità tutte uguali. È una forma di evasione, di sperimentazione, di follia controllata. Non a caso, nell’album ci sono diversi episodi un poco più elettronici; ad esempio, un pezzo del prossimo album (“U scantu” – “la paura”) nasce da un riff di sintetizzatore in una jam improvvisata nel famoso “bilocale”. Quindi sì, l’elettronica (e, più in generale, tutto ciò che trascende l’ovvietà sonora) rimane una componente necessaria anche nei miei ascolti.
Hai buoni riscontri anche all’estero, per quanto riguarda i tuoi brani in italiano?
Da un lato avevo il timore che i pezzi in italiano non sarebbero stati presi bene, per un discorso di ovvia comprensione linguistica. Però, è anche vero che già da anni mi concedo la libertà di infilare pezzi in siciliano nei concerti e non molto tempo fa ero uscito con un EP di canzoni originali in siciliano (“The Sicilian EP”), quindi mi sono detto “se il siciliano gli va bene, perché l’italiano non dovrebbe?”, e infatti così è stato. L’importante, alla fine, è essere onesti con l’ascoltatore e mostrarsi senza filtri, vulnerabili e forti al tempo stesso. La comprensione linguistica del pezzo (specialmente in un live) non è necessariamente un fattore, sennò i Sigur Rós, per citare una band tra tante, non avrebbero avuto il successo che hanno (meritatamente) ottenuto.
Programmi per l’estate?
Sopravvivere al caldo estivo di Palermo e perdere un paio di chili sarebbe già un successo! Per il resto, lo scorso maggio a Berlino ho registrato del materiale nuovo, spero di riuscire lucidamente a metterci mano tra un impegno e l’altro, sempre se l’afa riuscirà a permettermelo.