Scopriamo news e curiosità in questa intervista
Ciao Marco, presentati ai nostri lettori.
Un saluto a voi! Sono Marco Rò, scrivo canzoni, e lo faccio da abbastanza tempo per capire che la musica è un sogno che aiuta a vivere meglio (semicit.)
Perché il titolo “La vita non aspetta”? Cosa si nasconde dietro la canzone?
Perché è vero, non aspetta mai, e non aspetta noi: è inevitabile, ed è necessario farci i conti. Soprattutto deve farlo chi, come me, è sempre di corsa e sempre in ritardo, convinto che prima o poi avrà il tempo di fare tutto, e di assaporare ogni aspetto (positivo, si intende) della vita: non è scontato, e perché accada bisogna fare attenzione al modo in cui percepiamo la nostra esistenza, a quelle emozioni e sensazioni che le danno senso e valore.
Hanno un filo conduttore i brani che hai pubblicato negli anni?
Si, ed è curioso scoprirlo oggi, rileggendo testi e brani che scrivevo qualche anno fa; le prime due canzoni che ho composto per il mio EP “Un Mondo Digitale” del 2011 furono “Ho Fretta” e “Senza Respiro”; nel mio secondo lavoro da solista, l’album “A un passo da qui” del 2017, i brani “La Lista” e “La scala mobile” parlano della velocità con la quale spesso le cose accadono infrangendo l’illusione di averne sempre il controllo; infine in “3”, il mio ultimo EP registrato a Londra e uscito in piena pandemia, nel brano “L’abitudine” racconto di come a volte questo viaggio possa sembrare “infinito nel suo piccolo, ma veloce, a volte troppo”. Devo ammettere che sono ossessionato dal tempo.
Un sound che trasuda originalità e personalità, ma anche con molti riferimenti ai grandi del passato, quando la musica rappresentava ancora l’apice dell’espressione umana evolvendo e condizionando l’intera società. Quali i tuoi riferimenti artistici che hanno aiutato la tua ispirazione nella tua musica?
In questo brano ho collaborato con il mio amico cantautore Dario Falasca per la parte musicale. Personalmente, sono cresciuto ascoltando il rock degli anni 70: band come i Led Zeppelin, i Doors, tutto il prog. Ma ho adorato anche Elvis, il blues, il jazz, il country-rock. Mi ha sempre affascinato la voce di Bono Vox, la grinta di Steven Tyler, la spigolosità di Piero Ciampi; il Folk Studio, la nuova scuola romana dei Niccolò Fabi e dei Daniele Silvestri, Frankie Hi-Nrg mc, Caparezza, e un sacco di altri artisti che farei fatica ad elencare.
Quali sono gli obiettivi da voler raggiungere? Cosa ti aspetti da questo percorso artistico e discografico?
Chi scrive ha bisogno di comunicare, condividere pensieri, far sentire la propria voce. È l’unica cosa che conta, e spero averne sempre la possibilità.
Artisticamente parlando, rifaresti tutto oppure hai dei rimpianti?
Un noto proverbio giapponese recita: “anche una strada di mille miglia comincia da un passo”. Ogni tappa e ogni toppa (errore, per i non romani) è necessaria.
L’ultima parola a te!
Nel brano, scrivo che le parole non servono a niente: non è del tutto vero o, meglio, non lo è sempre. Le parole, in certi casi, hanno bisogno di fatti per assumere valore, di impegno, volontà di ascoltare gli altri, piuttosto che parlarsi addosso. Ecco, forse secondo me, dovremmo tutti imparare ad ascoltarci.