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intervista a Dado Bargioni che anticipa “Il pezzo mancante”

Venerdì 17 settembre 2021 esce “Il pezzo mancante”, il nuovo album del cantautore piemontese Dado Bargioni. Lui è un musicoterapista/cantautore nato anagraficamente a cavallo fra la pianura e le colline nel cuore del Monferrato, ma artisticamente un songwriter cresciuto assimilando il sound prodotto tra Londra, New York e la west coast degli anni 70 e 80. Uno spirito di con fine, come le sue canzoni.

Ecco cosa ci ha raccontato!

In sostanza, qual è il pezzo mancante a cui hai voluto dedicare il disco?
Ognuno di noi ha il suo “pezzo mancante”, un qualcosa a cui sempre guardare e la cui ricerca, per molti, può definire il vero scopo di una vita. Certamente, per me, questo disco rappresenta il tassello mancante di un percorso musicale arrivato ad una svolta, una manciata di canzoni che raccontano la maturità dell’artista e dell’uomo. Ma rimane lo spazio per l’immaginazione, per il prossimo pezzo che ancora non c’è, come a sottolineare che, nonostante la parola “mancanza” venga percepita dai più nella sua accezione negativa, qui vuole essere una dimensione positiva e propositiva. Un vuoto da riempire con le aspirazioni, i sogni e le passioni… insomma con tutto ciò che possa trasformarsi nel carburante per il motore della vita di ciascuno di noi e di cui tutti abbiamo bisogno

Come hai passato il periodo del Covid, e in che modo ha influenzato la scrittura di questo disco (se l’ha influenzata)?
Mi piacerebbe dirvi che i mesi del Lockdown sono stati per me molto proficui dal punto di vista compositivo. In realtà ero completamente stordito e bloccato. Non ho scritto nulla. Il disco avrebbe dovuto uscire nella primavera del 2020 e quindi era già pronto. Questo stop è stato un mattone sulla testa e ha convinto il mio produttore (Luca Grossi) e me a temporeggiare in attesa che la gente fosse pronta per ascoltarlo. Serviva un animo più sereno. È vero c’era il tempo… ma, io per primo, siamo stati incapaci di gestirlo. Eravamo in una bolla e io non volevo che IL PEZZO MANCANTE venisse ascoltato in una bolla.

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Qual è la tua personale definizione di pop?
Quello che faccio io a me piace definirlo “Meltin’ Pop”. Amo mischiare le carte in tavola muovendomi liberamente nello schema classico della canzone pop. Lavoro in modo quasi ossessivo sul suono delle parole e mi piace costruire tessuti ritmici anche complessi. Quindi POP per me sono i temi che tratto nei brani ma a livello musicale non mi do regole. Posso scrivere su una pulsazione valzer in 3/4 come comporre su un ritmo funky. Credo che il mio modo di vedere e vivere questo genere derivi dal “primo pop”, quello beatlesiano, dai tempi in cui essere POP non significava essere drasticamente semplici sia sul piano del testo che della musica, anzi.
Ci sono stati anni in cui la pop music era sperimentazione, per me deve essere ancora così. Si tratta di una mia necessità espressiva, piuttosto che di una scelta a priori.

In cosa consiste il tuo lavoro di musicoterapista?
Ormai da oltre vent’anni sono un musicoterapista e lavoro con diversi centri (residenziali e diurni) per disabili. È un mestiere appagante, che però richiede pazienza, prontezza nell’improvvisazione e nel saper velocemente cambiare ciò che si è pianificato meticolosamente per raccogliere un gesto o uno sguardo inaspettato e guidarlo verso un nuovo obiettivo! La Musica è un territorio dalle mille sfaccettature così come le altrettante personalità di chi ci troviamo di fronte. Il segreto è instaurare una relazione, anche non verbale, un’intesa che passi da un tamburo, da un flauto o dalle piastre di uno xilofono, ma che comunque ci permetta di comunicare. La musica è taumaturgica. Lo è per i ragazzi speciali con cui lavoro e lo è per me…e certamente lo è anche per voi!

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Quanto i Beatles hanno influenzato la tua formazione musicale?
Sono cresciuto con i Beatles. Ho imparato a suonare con loro ed ho fatto concerti e trasmissioni radio cantando e raccontando di questi quattro ragazzi. Come loro non mi sento per nulla schiavo dei generi o della necessità di essere “incasellato”. Le influenze e le contaminazioni sono la base per far crescere un proprio stile.

Chi è Barbara?
Nessuno (cioè, se penso a delle Barbara nella mia vita me ne vengono in mente parecchie, ma nessuna di loro avrebbe potuto ispirare questa canzone nello specifico… questa Barbara è molto, troppo particolare!). Sono partito più da un gioco di assonanze con “Ambarabàciccìcoccò” e da lì è nata Barbarabaciacinquevolte! Il testo è scaturito in modo fluido e parla di come Barbara, appunto, abbia un dono e un metodo tutto suo per testare e riconoscere l’amore vero (o meglio, per verificare l’affinità di coppia). Testo attualissimo con finale a sorpresa… fatemi sapere cosa ne pensate.